A proposito della «rivalsa della supremazia maschilista» (il manifesto, 13/11/2016), Guido Viale scrive che «razzismo e maschilismo risultano intrecciati anche nel nostro occidente e l’affermazione di uomini come Trump, o l’avanzata dei suoi omologhi europei recano il segno del ripiegamento verso un fondamentalismo occidentale…nei cui confronti la partita decisiva non si potrà giocare senza una vigorosa ripresa del movimento femminista».

Appelli a un femminismo ignorato o dato per morto li abbiamo già sentiti.

Chi ha dimenticato la chiamata di politici e media perché il “movimento delle donne” scendesse in piazza contro il governo Berlusconi? In piazza ci saremo, il 26 novembre, ma contro una cultura maschile che passa per “normalità” e rispetto a cui il virilismo -razzista, omofobo, xenofobo, nazionalista, fondamentalista, ecc., è solo l’espressione manifesta.

Gli uomini non si illudano che sia il femminismo, nostrano o di altre culture, a salvarli dalla “rimonta maschilista”, dal momento che è proprio l’avanzamento della libertà delle donne, nel privato come nel pubblico, a scatenare la violenza dei loro simili.

Il “virilismo” è “invenzione” e fondamento di tutte le civiltà conosciute finora, cioè della visione del mondo con cui il sesso maschile ha imposto il suo dominio e il suo privilegio.

Capovolgendo le attese di Viale, contro razzismo, maschilismo e fondamentalismi di ogni tipo la partita decisiva non si potrà giocare senza una vigorosa presa di responsabilità degli uomini riguardo alla violenza dei loro simili e senza una critica alla “naturalizzazione” che il sessismo ha fatto del rapporto di potere tra i sessi e di tutte le disuguaglianze costruite dalla storia.