Chissà se Matteo Salvini, che non ha mai voluto la Turchia dentro l’Unione europea per salvaguardare – a suo dire – le radici culturali del vecchio continente, potrà ritenersi soddisfatto dal fatto che ormai l’Italia, dal punto di vista della detenzione carceraria (dunque del livello di civiltà), è più vicina al Paese di Erdogan che all’Austria o alla Danimarca. Parliamo di sovraffollamento, in particolare: a fronte del record turco di un tasso pari al 127,4% (numero di reclusi ogni 100 posti letto) e con una media di 11 detenuti per cella, l’Italia segue a ruota con il suo 120,3%. Tutti gli altri vengono dopo. A rivelarlo è il rapporto annuale «Space» del Consiglio d’Europa dedicato alla situazione delle carceri dei Paesi che aderiscono all’organizzazione europea che monitora i diritti umani.

Eppure l’Italia non è tra i Paesi con maggior tasso di incarcerazione: «Al 31 gennaio 2020, c’erano 1.528.343 detenuti in 51 amministrazioni penitenziarie (su 52) degli Stati membri del Consiglio d’Europa, il che corrisponde a un tasso di incarcerazione europeo di 103,2 detenuti per 100.000 di abitanti», si legge nel rapporto. Un dato che dal 2013 ha preso una china decrescente: «Nelle 50 giurisdizioni penitenziarie per le quali sono disponibili dati per il 2019 e il 2020, questo tasso è diminuito da 106,1 a 104,3 detenuti per 100.000 abitanti (-1,7%)».

L’Italia, con i suoi 60.971 reclusi di allora, nella triste classifica arriva dopo Russia (519.618), Turchia (297,019), Uk (82.868), Polonia (74.130), Francia (70.651) e Germania (63.399). «I reati legati alla droga – sottolinea “Space” – hanno continuato ad essere il motivo principale di incarcerazione nelle 42 amministrazioni penitenziarie che hanno fornito questi dati (quasi 260.000 detenuti stanno scontando condanne per reati di droga, il 17,7% della popolazione carceraria totale)». Si noti che in Italia invece la porzione di popolazione reclusa per violazione delle leggi sugli stupefacenti supera il 30%. E la maggior parte di essa è composta di tossicodipendenti.

Dopo l’Italia, nell’elenco delle carceri più sovraffollate d’Europa, ci sono Belgio (117,2%), Cipro (115,9%), Francia (115,7%), Ungheria (113,2%), Romania (112,8%), Grecia (109%), Repubblica Ceca (104,7%), Austria (103%) e Danimarca (102,6%). Una situazione che se non era tollerabile prima del Covid – se non altro perché le sanzioni della Corte europea dei diritti umani pesano anche sul bilancio dello Stato -, oggi è diventata un problema di salute pubblica. I focolai interni alle carceri sono un pericolo per tutti.

E la possibilità di trasformare una pena detentiva in una pena di morte, per i detenuti, non è così remota: sono infatti nostre le carceri che detengono il maggior numero di detenuti con più di 50 anni, in Europa. La popolazione reclusa italiana è composta da un 26% di over 50 (15.820 persone), a fronte di una media del 14,8%. Un dato, questo, che vede l’Italia al top assoluto, perché perfino la Turchia, che in numeri assoluti supera il dato italiano (avendo più abitanti), si ferma ad una percentuale dell’11,5.

«È, molto semplicemente, una vergogna e una palese violazione della Costituzione, ulteriormente aggravata dall’emergenza sanitaria – commenta la senatrice Pd Monica Cirinnà, segretaria della commissione Giustizia, che rivolge una appello alla ministra Cartabia – come può essere attuato l’articolo 27 se non si garantiscono condizioni minime di esistenza dignitosa alle persone detenute?». A questo punto, twitta il deputato di Leu Erasmo Palazzotto, «parlare di misure di misure drastiche per ridurre il sovraffollamento e per svuotare le carceri non può più essere un tabù».