Consapevole ormai che, come affermano i maggiori esperti dell’universo carcerario, le riforme nel campo della detenzione e della vita in carcere si fanno più efficacemente e più facilmente in sede operativa, agendo con dispositivi amministrativi e regolamentari, la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha firmato ieri la costituzione di un gruppo di lavoro ad hoc. Non un’altra “Commissione Giostra”, come nel 2013 la volle l’allora ministra Cancellieri, né un altro gruppo di lavoro che avvii – come fece meritoriamente il ministro Orlando, purtroppo senza vittoria – un piano per una legge di riforma. Con una maggioranza politica come quella che sostiene a giorni alterni i progetti del governo Draghi, sarebbe un lungo, dispendioso e probabilmente inutile lavoro.

Così la Guardasigilli, partecipando in streaming al dibattito sul carcere correlato alla presentazione del docufilm Exit di Stefano Sgarella – storia dei detenuti tossicodipendenti del reparto La Nave di San Vittore – proiettato nell’ambito della Mostra del Cinema di Venezia, ha annunciato ieri «la costituzione di un gruppo di lavoro, non per lavorare sulle grandi cose ma a cominciare da alcuni temi facendo rotolare una piccola palla di neve che spero diventi una valanga».

«BISOGNA IMPARARE a conoscere – ha ripetuto Cartabia – e come ha detto Calamandrei “occorre aver visto”. Bisogna vedere. Sapendo che bisogna lavorare tanto, non si potranno fare miracoli. Non aspettatevi miracoli, ma l’avvio di un cammino». La visita al reparto carcerario “La Nave”, ha raccontato la ministra, è stata «uno spartiacque nella mia vita, professionale e personale. È veramente una di quelle date che segna un prima e un dopo. Mi ha fatto rendere conto – ha aggiunto – che il carcere non è un pianeta ma una galassia, c’è una pluralità di situazioni, una pluralità di condizioni delle persone, di ragioni per cui si è in carcere, che sono mondi diverse che hanno bisogno di approcci diversi e di una presenza diversificata, ciascuna nella sua diversa condizione».

UNA NOTIZIA, quella del nuovo gruppo di lavoro, alla quale guarda con interesse il sindacato di polizia penitenziaria Uilpa: «Attendiamo di saperne di più e soprattutto di capire come e di cosa tale gruppo di lavoro dovrà concretamente occuparsi e, soprattutto, in quali tempi. Le carceri, infatti, sono un malato allo stato terminale e non c’è più molto tempo per gli studi e le teorizzazioni, ma servono interventi tangibili e immediati – è il commento del segretario Gennarino De Fazio – Purtroppo, abbiamo moltissime esperienze di commissioni e gruppi di lavoro nati e morti senza lasciare un qualche segno della loro esistenza, se non magari nelle casse dell’erario. E questo, sia chiaro, il più delle volte non per demerito di chi li componeva, ma perché poi i vari Ministri e Capi dipartimento non hanno adottato nessuna delle soluzioni proposte». De Fazio vorrebbe «provvedimenti immediati», soprattutto per quanto riguarda gli organici e gli equipaggiamenti. Della funzione rieducativa non parla, ma almeno dimostra di viaggiare su altri binari rispetto ai sindacati Cosp, Sappe, Uspp e Cnpp che ieri hanno consegnato «richieste e osservazioni» ai senatori di FdI.

METTERANNO SICURAMENTE le mani in pasta, invece, il Garante dei detenuti Mauro Palma, il costituzionalista Marco Ruotolo e il presidente di Antigone Patrizio Gonnella il 20 settembre prossimo a Rebibbia, presentando una proposta di riforma del regolamento penale fermo al 2000 (messo a punto dal sottosegretario alla Giustizia Franco Corleone e dal capo Dap Alessandro Margara dell’epoca). Telefonate, colloqui, trasferimenti, isolamento, e pure ingresso in carcere dei media: tutto ciò che c’è da cambiare affinché il carcere torni in linea – come richiesto anche dalla Corte Edu – con il dettato costituzionale.