«Non intendo lasciar cadere le riflessioni che stanno emergendo sul carcere in questi giorni, ne ho parlato anche con il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Non bisogna perdere l’occasione per il rinnovamento di un comparto così cruciale a vari livelli. Alcuni sull’immediato, altri richiedono riflessioni più ampie, a più lungo periodo». La ministra Cartabia ha spiegato così perché ha voluto convocare ieri le 24 organizzazioni sindacali dell’amministrazione penitenziaria (non solo quelle della sicurezza), per un incontro via web. In via Arenula, insieme a lei c’erano il capo del Dap Petralia, i due sottosegretari Sisto e Macina, il Garante dei detenuti Palma e il capo di Gabinetto Piccirillo. La settimana prossima, il 15 luglio, Cartabia convocherà tutti i provveditorati d’Italia.

Al primo punto dell’odg di ieri gli “episodi” di Santa Maria Capua Vetere. Ma naturalmente sul piatto c’è il nodo irrisolto della riforma del sistema penitenziario italiano, tentata dal ministro Orlando che aveva preparato per due anni gli Stati generali dell’esecuzione penale chiamando al lavoro decine di esperti riuniti su tavoli tematici. Una riforma alla quale si sono sempre opposti i sindacati di polizia penitenziaria e le destre, e infine affossata anche dallo stesso Pd.

Durante la riunione è stata espressa, riferiscono fonti di via Arenula, «unanime condanna» alla “mattanza” del carcere campano (il Sappe però, interpellato dal manifesto, chiede anche di «rispettare la presunzione di innocenza»), e contemporaneamente, il «rinnovo di fiducia al corpo di polizia penitenziaria» affinché «non si identifichi il corpo con quelle immagini». In molti hanno chiesto che l’avvio di questo percorso non sia solo «un atto simbolico». E i sindacati degli agenti, anche quelli meno felici di una convocazione così allargata, hanno avanzato vecchie e nuove richieste: l’organico, prima di tutto, ritenuto insufficiente; la formazione «superata dai tempi»; più attenzione alle aggressioni subite dagli agenti. Si è parlato anche di Rems e di salute mentale in carcere (quella dei detenuti, perché di quella degli agenti ancora non si parla abbastanza).

L’Fp Cgil ha insistito sul «principio dell’organizzazione per filiere omogenee di attività, ciascuna con una propria distinta linea di comando: Polizia Penitenziaria, area Educativa Penitenziaria ed Esecuzione Penale Esterna». Perché, spiega il sindacato, occorre «una revisione organizzativa dell’amministrazione nel complesso e la piena civilizzazione, proseguendo sulla strada della legge 395 del 1990 di riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria, realizzando finalmente quel processo di democratizzazione capace di dare voce e rappresentanza a quanti vogliono uscire dalla condizione di arretratezza per approdare alla dimensione della dignità del lavoro, che condanna ogni sopruso e qualsiasi forma di abuso di potere».
(eleonora martini)