Ha registrato una scarsa partecipazione, fatta eccezione per Poggioreale, la «battitura dei ferri» organizzata nel Lazio e in Campania da gruppi antagonisti, ex detenuti e familiari dei detenuti per denunciare il rischio epidemia in carcere e chiedere misure energiche come l’indulto e l’amnistia. A riprova che le rivolte di inizio marzo erano tutt’altro che organizzate e manovrate.

Nel frattempo però, è salito a 116 il numero degli agenti positivi al coronavirus e sono 19 i detenuti che si sono ammalati. La differenza del contagio tra i due sottotipi di popolazione penitenziaria (che grossomodo si equivalgono, essendo poco meno di 40 mila i poliziotti e 57.203 i carcerati, a ieri) sta molto probabilmente nel numero di tamponi effettuati.

Di sicuro, in questo frangente la pressione psicologica sulla popolazione che vive nel carcere – dentro e fuori le celle – e sui loro cari è molto alta. Tanto che ieri l’ufficio del Garante nazionale dei detenuti ha dovuto ammonire «coloro che a noi si rivolgono in modo aggregato e perentorio» e spiegare che l’autorità di vigilanza «non agisce come “sportello di pronto intervento”, né è tenuto a rendere conto circa le azioni conseguentemente intraprese e le interlocuzioni in atto con le Autorità responsabili». Pur ribadendo necessaria la tutela della salute dei «lavoratori all’interno degli Istituti», e la diminuzione della «densità delle persone all’interno del carcere».

A questo scopo, è evidente che le misure prese dal ministro Bonafede e contenute nel decreto «Cura Italia» non sono sufficienti. Al Senato, dove il provvedimento è in discussione per la conversione in legge, il Pd lavora ad emendamenti per correggere le norme sulla concessione della detenzione domiciliare ai carcerati che scontano un residuo di pena fino a 18 mesi, previo uso del braccialetto elettronico (indisponibili, al momento).

Ma quello delle carceri che possono trasformarsi in focolai del virus è un problema che si pongono tutti, in Europa. Secondo i dati raccolti dall’Associazione internazionale delle Amministrazioni penitenziarie europee, EuroPris, molti Paesi hanno già preso misure deflattive: in Danimarca, Finlandia, Lettonia e Norvegia è sospesa la custodia cautelare in carcere e sono stati rinviati gli arresti, tranne che per estrema necessità. In Spagna e Repubblica Ceca il governo ha raccomandato questa prassi ai tribunali. In Francia le pene inferiori a un anno sono state sospese e convertite in detenzione domiciliare, salvo nei casi di violenza familiare.