Il 21 giugno scorso, una petroliera battente bandiera statunitense – la Overseas Santorini – parte dal porto texano di Corpus Christi diretta al terminale petrolifero del porto israeliano di Ashkelon, circa 12 km a nord del confine con la Striscia di Gaza. Vi arriva il 14 luglio, sette giorni dopo l’inizio dell’attacco israeliano. Il suo carico? 26 mila tonnellate di JP-8 (36 milioni di litri), il carburante militare che serve a far volare gli F-16 che bormbardano Gaza.

Una petroliera gemella, la Overseas Mykonos – anch’essa battente bandiera statunitense – è ora in viaggio per lo stesso porto israeliano, partita da Houston il 13 luglio con un carico di 7 mila tonnellate di benzina e da Corpus Christi il 23 luglio, dove ha probabilmente caricato ancora JP-8. La petroliera, con una capacitá di carico di 52 mila tonnellate e una velocitá di 14 nodi, può percorrere i circa 12.700 km del percorso in 20 giorni e giungere ad Ashkelon il prossimo 12 agosto.

Dai documenti di trasporto che abbiamo raccolto per Amnesty International, che ieri ha denunciato questi invii, risulta che dal gennaio del 2013 la Overseas Mykonos e la Overseas Santorini – gestite da una societá basata ad Atene, la OSG Ship Management Ltd. – hanno trasportato ad Ashkelon un totale di ben 277 mila tonnellate di carburante militare per jet (382 milioni di litri in dieci viaggi) destinato all’aviazione israeliana. Sei di questi viaggi sono stati effettuati nel 2014. Senza quel carburante specifico, il JP-8 (Jet Propellant 8), gli F-16 e gli altri jet dell’aeronautica israeliana sarebbero infatti a terra e non potrebbero bombardare nessuno (di F-16, l’esercito israeliano ne ha ricevuti, dal 1980, 362, prodotti dalla statunitense Genral Dynamics, oggi Lockheed Martin, e 176 sono ancora in servizio, incluso l’ultimo modello F-16I Sufa).

Per nove dei dieci carichi, la documentazione raccolta dice che resposabile per gli invii è stata l’agenzia logistico-energetica del ministero della Difesa statunitense, la Defense Logistics Agency Energy, stanziata a Fort Belvoir in Virginia. Dunque, direttamente, il governo degli Stati uniti, con l’unica eccezione di un carico organizzato dal governo israeliano attraverso il consolato di New York, per un invio (con la Overseas Mykonos) ancora di 26.000 tonnellate di JP-8, giunte ad Ashkelon il 17 aprile di quest’anno. Stessi carichi, per almeno 128 mila tonellate di carburante, erano arrivati ad Ashkelon nel 2011 e 2012, con le navi Overseas Maremar e Overseas Luxmar di quella stessa compagnia.

La DLA Energy, infatti, ha assegnato negli ultimi anni, e in particolare nell’ultimo anno, contratti per centinaia di milioni di dollari a compagnie energetiche statunitensi per produrre specificamente carburante per l’aviazione e l’esercito israeliani (è scritto nei contratti che si possono accedere in linea sul sito del ministero della Difesa statunitense).

Per esempio, il 31 ottobre del 2013, una sussidiaria del colosso energetico Valero Energy Corporation, di San Antonio (Texas), ha vinto un contratto1 di 331 milioni di dollari per la fornitura ad Israele di carburante JP-8, mentre lo stesso giorno la Petromax LLC, basata a Bay City (Texas), ne ha vinto uno da 43 milioni di dollari per la fornitura di benzina per i veicoli militari israeliani.2 Entrambe le societá avevano in passato giá avuto contratti simili per Israele, uno degli ultimi nel giugno del 2013 per 246 milioni di dollari alla Valero.3
Gli accordi per questi ultimi invii di un carburante essenziale alle avventure militari israeliane sono stati annunciati al Congresso statunitense4 – che li ha “ovviamente” approvati – nella primavera del 2013 dalla Defense Security Cooperation Agency, l’agenzia del ministero della Difesa incaricata della cooperazione militare internazionale.

La notifica annunciava una richiesta di Israele per la “acquisizione” di qualcosa come 846 milioni di galloni (3,2 miliardi di litri) di JP-8 per i jet e di altri tipi di carburante per i veicoli militari, per un totale di 2,7 miliardi di dollari.

La mattanza di Gaza ha non solo ali, ma anche kerosene statunitense e se davvero l’Amministrazione Obama volesse “un’ immediata, incondizionata, tregua umanitaria” – come il presidente statunitense avrebbe detto in un telefonata a Netanyahu qualche giorno fa – potrebbe cominciare a far tornare indietro la Overseas Mykonos.

Tra gennaio e maggio di quest’anno, poi, dagli Stati uniti sono partite alla volta di Israele armi e munizionamento per circa 62 milioni di dollari, inclusi 27 milioni di dollari di lanciarazzi e 9 milioni di dollari di componenti di missili teleguidati.