Quando lo scorso novembre, grazie all’approvazione di una nuova policy interna, Generali ha compiuto un primo passo concreto verso l’uscita dal carbone, abbiamo registrato una vittoria per la società civile e per le cittadine e i cittadini che si sono mobilitati in diversi Paesi europei. Un traguardo ottenuto dopo un’intensa campagna condotta da Greenpeace con Re:Common, fianco a fianco di gruppi di attivisti e altre associazioni in Polonia e Repubblica Ceca.

La decisione del più grande gruppo assicurativo italiano ha finora portato a non assicurare più la costruzione di nuove centrali e miniere a carbone, oltre che a disinvestire circa 2 miliardi di euro dal comparto.
Ma il Leone di Trieste deve fare uno sforzo aggiuntivo decisivo: la policy di Generali, infatti, prevede proprio in questi giorni delle decisioni su impianti in Polonia e Repubblica Ceca che sono tra i più inquinanti al mondo, ma che secondo Generali potrebbero essere una eccezione alla loro policy.

Tra queste c’è la gigantesca miniera a cielo aperto di Turow, al confine tra Polonia e Repubblica Ceca, che sta inquinando le falde idriche del territorio ceco, compromettendo l’acqua di oltre 30 mila persone. PGE, la società polacca proprietaria di Turow, vorrebbe addirittura espandere la miniera ed estenderne la vita fino al 2044. Ben oltre qualsiasi ragionevole data indicata dalla scienza per l’abbandono del carbone se l’Europa vuole rispettare gli Accordi di Parigi.

Un caso simile è la centrale di Ledvice, in Repubblica Ceca, la cui capacità è stata di recente raddoppiata dalla proprietaria CEZ anche grazie a Generali, la quale ha assicurato il progetto subito prima di approvare la propria policy. Un vero e proprio smacco per associazioni e cittadini in Repubblica Ceca e non solo. Per via delle loro strategie energetiche, basate sull’espansione del carbone, PGE e CEZ sono tra i nemici più pericolosi per il clima e la salute dei cittadini, ma sono anche le società carbonifere nelle quali Generali è più esposta. Una contraddizione inaccettabile per chi dice di voler proteggere la società e i cittadini dai rischi che quotidianamente corrono.

A novembre, il colosso assicurativo italiano aveva dichiarato che avrebbe deciso entro la fine del marzo 2019 se continuare o meno ad assicurare le due società, in funzione del loro impegno a «presentare e implementare un piano di transizione efficace». Da allora nulla è cambiato: PGE continua a generare il 90% della produzione di energia dal carbone e vorrebbe costruire due nuove miniere in Polonia, mentre CEZ è intenzionata a bruciare la polvere nera per almeno altri 40 anni.

Di piani di transizione nemmeno l’ombra, ma Generali ancora non ha chiarito se continuerà a fare affari con queste società. Se ora la compagnia triestina decidesse di rimanere legata agli sporchi business delle aziende energetiche di Polonia e Repubblica Ceca (PGE e CEZ), metterebbe a repentaglio la sua figura di azienda che fa la propria parte per difendere i cittadini dai cambiamenti climatici. Greenpeace, Re:Common e tante altre associazioni in Europa continueranno a vigilare affinché Generali e tutte le compagnie assicurative tengano fede agli impegni presi.

Responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia