«Il Venezuela non prende ordini da nessuno, l’unico a cui devo lealtà e fedeltà è il popolo venezuelano». Il presidente della repubblica, Nicolas Maduro, ha motivato così l’espulsione di tre funzionari consolari degli Stati uniti: accusati di attività destabilizzanti nelle università del paese, che sono in agitazione dal 12 febbraio. Il governo venezuelano ha affermato a più riprese che dietro le manifestazioni di piazza vi sono gruppi fascisti e paramilitari, orientati e organizzati da Washington e dai settori di estrema destra colombiana, agli ordini dell’ex presidente Alvaro Uribe: settori interessati ad alimentare un colpo di stato strisciante, una crisi economica e politica che giustifichi un qualche intervento esterno. I tre avrebbero sobillato gli studenti delle università private compiendo diversi viaggi «con la scusa dei visti».

Dopo le violenze di piazza, che hanno provocato tre morti, gli Usa si sono fatti sentire, esprimendo «preoccupazione» per voce di John Kerry. «Il governo Usa farebbe meglio a preoccuparsi del suo popolo che sopporta i costi della crisi», ha ribattuto la giovanissima ministra dell’informazione Delcy Rodriguez, invitando i grandi media internazionali a non distorcere le notizie. Rodriguez ha mostrato diverse foto manipolate, rimbalzate sui mezzi di informazione internazionali, che mostravano scene di violenza della polizia, in realtà riferite alla realtà cilena. Finora, la polizia si è limitata all’uso dei lacrimogeni e il governo fornisce costantemente cifre e nomi dei fermati.

Il ministro degli Esteri, Elias Jaua, ha concesso ai funzionari Usa 48 ore a partire da ieri per lasciare il paese. Analogo provvedimento era stato preso alla fine di settembre scorso nei confronti di Kelly Keiderling, incaricata degli affari diplomatici tra Washington e Caracas e di altri due funzionari: accusati di promuovere piani di sabotaggio al sistema elettrico e all’economia del paese insieme all’estrema destra. Come ha rivelato l’ex agente cubano Raul Antonio Capote, che è riuscito a infiltrarsi nella Cia, quanto a ingerenze e piani destabilizzanti, Keiderling ha un pedigree di tutto rispetto. E il Venezuela ne ha già sperimentato gli effetti durante il colpo di stato a guida Cia, messo in atto dal padronato, dalle gerarchie ecclesiastiche e dalle oligarchie nell’aprile del 2002.

Allora il popolo riportò in sella il presidente che aveva eletto, Hugo Chavez e rinnovò la fiducia ai piani sociali che aveva avviato, mal digeriti dal blocco di potere che voleva continuare senza intoppi i propri affari come nella IV Repubblica. Anche ora, Nicolas Maduro contrappone la piazza socialista e bolivariana a quella gialla e nera della Mesa de la Unidad democratica.

Leopoldo Lopez, uno dei leader più oltranzisti dell’opposizione, è stato filmato mentre guidava gli scontri di piazza del 12 febbraio, durante i quali sono stati uccisi i tre giovani. Ora è ricercato come mandante delle violenze. Il leader di Voluntad popular ha fatto pervenire un video alle reti sociali in cui convoca per oggi una nuova manifestazione: al termine della quale – ha detto – si consegnerà alla polizia.La Mesa de la unidad democratica (Mud) che racchiude un variegato arco di forze di opposizione a Maduro, ne ha disconosciuto la presidenza all’indomani del 14 aprile, dopo la sua vittoria con scarso margine su Henrique Capriles Radonski. Tre dei suoi dirigenti più oltranzisti – Lopez, Maria Corina Machado e Antonio Ledezma – ora chiedono alla piazza di dare il benservito al presidente («la salida»): non intendono aspettare il 2016 per raccogliere le firme necessarie a un referendum revocatorio, come richiesto dalla costituzione.

Altre componenti della Mud hanno espresso solidarietà agli studenti – che chiedono maggior sicurezza e protestano per le difficoltà economiche (alta inflazione e scarsità di prodotti) – ma si sono dissociati dalle violenze. Il quadro all’interno della Mud appare diviso. Molti, tra sindaci e governatori, hanno apparentemente accettato l’invito di Maduro, rivolto all’indomani della netta vittoria socialista alle municipali. Persino il governatore di Miranda, Capriles, antagonista perdente alle due ultime presidenziali, ha tenuto a smarcarsi dal suo storico sodale Lopez, con cui ha scorrazzato durante il golpe contro Chavez del 2002 e durante le violenze postelettorali messe in moto il 14 aprile. Un gioco delle parti, certo, ma anche uno scontro politico di una coalizione variegata e litigiosa in cerca di poltrone e rappresentanza. Quella in corso, sembra infatti una partita politica tutta giocata nel campo della destra, che porta in piazza la parola d’ordine: «Fuori i cubani dal paese».

I due partiti storici della IV repubblica rilasciano dichiarazioni opposte: Ad (il centrosinistra d’antan) ha chiesto di rinviare la manifestazione di oggi, per evitare possibili scontri. Nello stesso giorno, è infatti prevista la presenza nella capitale di oltre 30.000 lavoratori dell’industria petrolifera, che marceranno da Plaza Venezuela a Miraflores per la firma del previsto contratto collettivo.

Copei – l’altra formazione di alternanza (centrodestra) durante le democrazie nate dal Patto di Punto Fijo – ha invece espresso la propria solidarietà all’estrema destra di Lopez e soci e alla marcia di oggi, diretta al ministero degli Interni Giustizia e Pace.