«La campagna per il Fertility Day era proprio brutta». Giudizio lapidario e definitivo, e indiscutibile, visto che a pronunciarlo è la ministra in persona, l’ineffabile Beatrice Lorenzin, che non trova niente di meglio che aggiungere: «Ma io faccio il ministro e non il comunicatore, dunque mi interessa il messaggio più della campagna in sé». Ecco, ministra, qual è il messaggio? Non è che l’invenzione che l’appassiona tanto – questo Fertility Day che suona fasullo come dice il Fake Day della manifestazione che ieri a Roma l’ha attaccata e sbeffeggiata in tutti i modi – tutto sommato significa una cosa sola, che le ragazze e i ragazzi italiani devono pensare a fare figli? E non frequentare i cattivi «compagni», qualcuno dovrà spiegare queste virgolette, che possono distoglierli da questo obiettivo? E in fondo chi ha provato a comunicarla – malissimo senza alcun dubbio – non ha capito fin troppo bene? O ci vuole far credere che con la direttrice della comunicazione, su cui ha scaricato tutte le responsabilità con un gesto veramente irresponsabile, non ci sia mai stata una verifica, un approfondimento, uno di quei briefing che non si negano a nessuno?

Ci vuole far credere di avere abbandonato a se stesso un progetto che lei stessa definisce fondamentale?

Possibile che una donna avvertita, di lunga esperienza politica, non sappia che il messaggio è quello che si comunica? E nient’altro che questo? Che già il nome scelto, fertility, si trascina dietro quell’idea di donne gravide, di uomini inseminatori, di immagini di mamme che allattano, di padri che li proteggono, che non c’è da stupirsi che la campagna abbia preso il segno che abbiamo visto tutt? Il messaggio è che per fare figli bisogna vivere bene, essere sani, l’ha detto anche lei ieri, ministra. Sani, normali, senza vizi, la china è scivolosa, bisognerà avere un certificato? Dichiarare di non avere messo a repentaglio i preziosi ovuli e gli infaticabili spermatozoi, di esserne i custodi attenti? Lì si va a finire se si mette al centro la fisiologia della sessualità, se si riduce il corpo alle sue funzioni, e se ne fa una misura generale, sociale e politica. Insomma, cara ministra, non sarà che se i famosi comunicatori hanno intrapreso una strada razzista, sessista, diciamolo, francamente fascista, è perché un’idea del genere lì affonda? Quello è l’immaginario di riferimento?

Perché chi è che deve essere fertile? Non sono forse gli abitanti bianchi del nostro Paese? O simil-bianchi, visto che gli italiani presentano varie gradazioni dell’olivastro che poco hanno a che fare con i biondi dalle buone abitudini in copertina dell’opuscolo che lei ha prontamente ritirato. Poco importa che chi arriva nel nostro paese abbia figli, che ne diventeranno abitanti a tutti gli effetti, anche se va riconosciuto che le leggi mettono ostacoli di tutti i tipi. E non va a suo merito, ministra, che lei ripeta, come ha fatto tutto ieri, che lei si occupa di salute, non di welfare. Che lei non parla di condizioni sociali. E allora, perché chiede a ragazzi e ragazze di diventare padri e madri? Pensa che sia possibile fuori dalla vita sociale? Non sarà che è lei a fare confusione? Così confusa che non sa che degli errori sono sempre responsabili i politici, le figure apicali, anche e soprattutto quando non sanno nulla?

Ministra Lorenzin, la strada è una sola. Si dimetta. E non stia a pensare che in tanti aspirano al suo posto. Non è una vittima di mobbing. Ci permetta di pensare che sa cosa è l’etica pubblica, che può fare fronte alle sue responsabilità politiche.