Un piano di contrasto al caporalato da preparare in 15 giorni: dovrà elaborarlo la Cabina di regia della «Rete del lavoro agricolo di qualità», che riunisce tutti i soggetti del settore. Ad annunciarlo è il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, che ieri insieme al collega al Lavoro, Giuliano Poletti, ha incontrato in un vertice a Roma sindacati e imprese. Presente anche l’Inps, con il presidente Tito Boeri e Fabio Vitale, capo della vigilanza e nominato presidente della cabina di regia.

La Cabina di regia è in realtà già operativa da febbraio, ma di fatto è rimasta finora solo sulla carta, come capita a tante cose in Italia: ora, ha spiegato Vitale, ci si concentrerà «sul piano dei controlli e della prevenzione», ispezioni e intelligence che dovranno essere meglio coordinate e incrementate, come ha promesso Poletti.

Il ministro del Lavoro ha annunciato l’istituzione di «un sistema di monitoraggio e rendicontazione periodica del lavoro fatto dalla Rete», in modo da non disperdere gli sforzi di questi giorni «una volta che sia scemato l’interesse delle cronache». Ci si augura ovviamente di non vedere più i tre morti nei campi (e un lavoratore finito in coma) degli ultimi due mesi, o perlomeno di poterli prevenire.

«Assistere chi denuncia»

Ma si pensa anche a un altro tipo di intervento, operando sul piano delle leggi, e ponendo il reato di caporalato sullo stesso piano di quelli di mafia. Lo annuncia Martina: «C’è un impegno del governo per un atto legislativo importante per la confisca dei beni alle imprese che si macchiano di caporalato. Lo faremo a breve, lo stiamo studiando con il ministro della giustizia Andrea Orlando», ha spiegato il titolare dell’Agricoltura.

Inoltre, si ipotizza una forma di assistenza per i lavoratori che denunceranno: «Il governo pensa anche a un sostegno legale per i braccianti che denunciano il caporalato con risorse dedicate», ha detto Martina.

Tra le proposte avanzate, cavallo di battaglia della Cgil e degli altri sindacati, che lo chiedono da tempo, l’estensione del reato dai caporali anche alle imprese che fanno uso dei lavoratori illegalmente somministrati. Questo faciliterebbe tra l’altro proprio l’eventuale confisca dei beni alle aziende che violano la legge.

Il reato di caporalato fu istituito tra l’altro nel 2011 proprio dopo una battaglia del sindacato: adesso manca quindi “l’ultimo miglio”, ovvero l’estensione dello stesso sistema sanzionatorio anche alle aziende agricole che ne fanno uso.

C’è poi la parte costruens del piano del governo, quella che mira a incentivare le aziende a fare bene e a escludere dai benefici pubblici chi agisce male. Alla Rete ci si potrà insomma iscrivere se si è in regola con leggi e contratti, ricevendo a fronte un certificato di qualità etica, una sorta di “bollino blu” che si potrà apporre sui prodotti, così che i consumatori possano compiere scelte responsabili.

Un logo di responsabilità etica

L’Inps ha ricordato che in base a alla legge «Campolibero» (la 116 del 2014) possono presentare richiesta di adesione alla Rete le imprese agricole che: 1) non hanno riportato condanne penali e non hanno procedimenti penali in corso per violazioni della normativa in materia di imposta sui redditi e sul valore aggiunto; 2) non sono state destinatarie, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative definitive per le violazioni di cui al punto precedente; 3) sono in regola con i contributi previdenziali e i premi assicurativi. Le domande saranno esaminate dalla Cabina di regia e in caso di esito positivo, le aziende selezionate entreranno a far parte della Rete del lavoro agricolo di qualità e riceveranno quindi il “bollino blu”.

Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil parlano di un incontro «importante e molto proficuo», definendo «di grande rilievo la proposta di Poletti di istituire una sorta di monitoraggio e rendicontazione pubblica delle attività compiute sia per quanto riguarda i controlli sia per tutte le altre azioni che riguardano il lavoro nero». Ma segnalano che la cabina di regia e la stessa Rete del lavoro di qualità non sono mai diventate operative proprio perché i progetti di legge sollecitati dallo stesso sindacato non sono mai stati definitivamente approvati.

Per rendere veramente efficace la Rete, i sindacati chiedono quindi ulteriori passi: 1) approvare per decreto il testo già definito al Senato di integrazione dei compiti e funzioni della Rete; 2) inserire la riduzione di un euro a giornata dei contributi previdenziali per le aziende agricole che si iscrivono e prevedere la definizione di un marchio etico del lavoro di qualità per le aziende iscritte alla rete; 3) estendere le sanzioni previste per lo sfruttamento illecito della manodopera e la cancellazione dalla rete alle aziende agricole che non applicano il contratto nazionale, le leggi sulla sicurezza del lavoro e fruiscono della intermediazione illecita di manodopera, prevedendo, inoltre, per tali aziende la revoca delle agevolazioni contributive e dei contributi Pac.

Ma non è da trascurare anche la notazione della Coldiretti, ripresa peraltro dagli stessi sindacalisti: si deve smontare il meccanismo per cui al produttore vengono pagati solo 8 centesimi per un chilo di pomodori, e 5 per uno di arance. «Non è più tollerabile che i profitti vadano all’industria della trasformazione e alla grande distribuzione, costringendo poi i produttori a “risparmiare” sul lavoro», protesta Yvan Sagnet della Flai Cgil.