È iniziato ieri in Commissione Lavoro del Senato l’esame, per un parere alla Commissione Agricoltura, del ddl contro il caporalato approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso novembre. Un provvedimento che riguarda, in particolare, il settore agricolo ma che ha norme anche di «portata generale» come ha riferito la relatrice in Commissione, Annamaria Parente (Pd).

Il testo di legge, ora al Senato, prevede l’ampliamento dell’operatività della «Rete del lavoro agricolo di qualità», creata con la Legge Competitività e attiva dallo scorso 1 settembre, l’estensione dell’ambito delle funzioni svolte dalla Cabina di regia della Rete, presieduta dall’Inps e della quale fanno parte sindacati, organizzazioni agricole e Istituzioni, oltre a disporre che le amministrazioni statali siano direttamente coinvolte nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore.

È stata estesa la finalità del Fondo previsto dalla legge 228 del 2003 in tema di vittime della tratta, anche alle vittime del caporalato. E stabiliti nuovi strumenti penali: l’estensione dell’arresto obbligatorio anche al delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e la responsabilità amministrativa degli enti; confisca obbligatoria, anche per equivalente, al delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e la confisca estesa o allargata. Previste anche attenuanti per il delitto di sfruttamento del lavoro.

Parente ha confermato l’intenzione di esprimere un parere rafforzato sul provvedimento. Per contrastare il fenomeno del caporalato «è necessario garantire ai lavoratori agricoli l’accesso ai servizi di intermediazione e la partecipazione alle politiche attive come previsto dal Jobs Act», ha dichiarato. Ruolo che dovrebbe essere affidato all’Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro). Altro punto da approfondire quello del costo del lavoro, «nello specifico al fenomeno delle cosiddette paghe di piazza» e la necessaria attenzione sui «criteri di adesione alla rete delle Aziende agricole di qualità».

Sempre ieri si è svolto il forum «Attiviamo Lavoro per il settore dell’Agricoltura», promosso da Assosomm e The European House-Ambrosetti, al quale ha partecipato anche il ministro per le Politiche Agricole Maurizio Martina. Più di 12 ore di lavoro nei campi per un salario di 25-30 euro al giorno, meno di 2 euro e 50 l’ora. È questa la ormai risaputa situazione in cui lavorano in Italia 400 mila lavoratori sfruttati dal caporalato, stranieri nell’80% dei casi. È quanto emerso anche ieri dallo studio di The European House-Ambrosetti basato su dati della Flai Cgil relativi al 2015.

Martina ha parlato di certificazioni etiche che premino le imprese sane e nello stesso tempo difendano i diritti del consumatore. Ha affrontato il tema del meccanismo di trasporto dei lavoratori che spesso sfocia nell’illegalità e delle potenzialità del lavoro in somministrazione nel settore dell’agricoltura. Parole approvate anche dalla Uila Uil.

Più dura la posizione della Coldiretti, che ha ricordato ancora una volta come occorra «oltre a combattere il becero sfruttamento dei lavoratori agricoli», soprattutto «una grande azione di responsabilizzazione di tutta filiera, dal campo alla tavola, per garantire che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali, ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una equa distribuzione del valore che non è possibile se le arance nei campi sono sottopagate a 7 centesimi al chilo e i pomodori poco di più».