Il governo continua nell’operazione di stringere il cerchio attorno al fenomeno del caporalato, seguendo la strada tracciata con gli annunci di qualche settimana fa: ovvero aggredire i patrimoni illecitamente accumulati attraverso lo sfruttamento dei lavoratori agricoli.

È questa la linea su cui si muoverà l’esecutivo, illustrata dai ministri della Giustizia, Andrea Orlando e delle Politiche agricole Maurizio Martina in una conferenza stampa a via Arenula. “La reclusione ha un effetto negativo, l’aggressione ai patrimoni fa più paura di qualche mese di detenzione – ha spiegato il ministro Orlando – nell’ambito dell’area grigia che sta tra economia e organizzazioni criminali funziona molto di più l’aggressione patrimoniale”.

Le misure saranno contenute in emendamenti che confluiranno nel provvedimento sulle misure di prevenzione che è all’esame della Commissione Giustizia della Camera. “Colpire i patrimoni è il presupposto per generare spazi di vita per le imprese agricole che vogliono vivere nella legalità e nel rispetto delle regole”, ha aggiunto il ministro Martina.

Orlando ha sottolineato come il fenomeno del caporalato sia “una piaga della storia del lavoro nel nostro Paese, che è stata combattuta negli anni ma che conosce adesso la recrudescenza allarmante” complice “la crisi economica e la forte disoccupazione”. Per il ministro Martina “il caporalato ha radici antiche ma è riemerso con grande evidenza. Le misure indicano un cambio di passo del governo che preso in carico una lotta senza quartiere al fenomeno. Lo dobbiamo a chi lavora nei campi e alle tante imprese che lavorano rispettando le regole. La legalità deve diventare un elemento di competitività”.

Le misure proposte prevedono la confisca obbligatoria del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo, e la confisca per equivalente di altri beni di cui il condannato abbia la disponibilità. Nell’elenco dei reati per cui scatteranno questi provvedimenti ci sarà anche l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro. Il reato di caporalato viene inoltre inserito tra quelli per i quali sono previste la responsabilità amministrativa da parte degli enti e l’indennizzo per le vittime.

E’ bene però ricordare che il caporalato è soltanto un anello della catena dello sfruttamento del settore agro-industriale, che vede in primo piano sia la grande distribuzione organizzata che le industrie di trasformazione e gli commercianti. Del resto, per chi si arricchisce dalla filiera agro-alimentare, il caporale è niente di più che uno strumento, certamente importante, per il reclutamento e il controllo dei lavoratori e delle lavoratrici, così come lo sono le vie legali di intermediazione di manodopera, come ad le agenzie interinali o le cooperative, che operano in tantissimi settori oltre a quello dell’agricoltura. Il caporale non è e non può essere l’unico colpevole di quanto avviene ogni anno nelle campagne italiane e soprattutto in quelle del Sud, quest’anno tristemente funestate da ben quattro morti.

Intanto proseguono serrati i controlli delle forze dell’ordine: nelle ultime ore la Guardia di Finanza ha identificato soltanto nel barese 500 lavoratori dei quali 43 assunti a nero e 11 irregolari. Sono, inoltre, in corso accertamenti riguardo alla posizione di altri 61 lavoratori nelle province Bari e Bat. Ben 36 le aziende agricole controllate. Riguardo ai lavoratori a nero, sono state avviate le procedure per l’irrogazione della sanzione che va da 1.950 euro a 15.600 euro per ogni posizione irregolare. Tra i lavoratori in nero sono stati identificati anche sei migranti con regolare permesso di soggiorno.

Infine, due buone notizie. La prima arriva dalla provincia di Foggia, dove nei giorni scorsi la OP Mediterranea, sigla che sta per organizzazione di produttori, a seguito di una denuncia della Flai Cgil Puglia ha espulso un suo associato per non aver pagato quattordici braccianti avuti alle dipendenze per quattro giornate, “e cosa più importante – ha commentato commenta il segretario generale Daniele Calamita – stabilendo una sorta di responsabilità etica in solido con gli associati, la stessa OP ha provveduto essa stessa a rimborsare delle spettanze dovuto i lavoratori, tutti di origine centroafricana”.

La seconda arriva da Taranto dove è stato siglato un protocollo d’intesa per la nascita di una futura impresa agricola modello in grado di strappare terreni all’abbandono e offrire un’occupazione a lavoratori detenuti ed ex detenuti. L’iniziativa ha lo scopo di creare “opportunità di reinserimento sociale e lavorativo nel settore agricolo”. A tal fine l’amministrazione penitenziaria si è impegnata “a cedere in comodato d’uso gratuito i terreni di propria pertinenza all’azienda agricola che verrà individuata”.

Piccoli segnali positivi per quella riconversione culturale oramai non più rinviabile per questo paese.