Lo shock pandemico è un nuovo fronte del «capitalismo dei disastri» che trasforma le emergenze e le catastrofi, da esso stesso ciclicamente prodotte, in occasioni di profitto economico e, indirettamente, di creazione di nuove diseguaglianze. L’emergenza scatenata dalla sindemia del Covid è stata utilizzata in quasi due anni da esecutivi e poteri sovranazionali per ridurre gli spazi democratici, neutralizzare l’opposizione alle loro politiche, deresponsabilizzare i parlamenti, sperimentare nuove tecnologie di controllo sociale, non mutare la distribuzione della ricchezza mentre i ricavi di Amazon sono cresciuti del 27%, arrivando a 113 miliardi di dollari e la sola Pfizer prevede di arrivare con le vendite del proprio vaccino a 33,5 miliardi di dollari entro la fine del 2021, un record nella storia dell’industria farmaceutica. Il 75% dei vaccini è concentrato in dieci Paesi. Solo il 2% dei vaccinati sono nei paesi diversi da quelli dominanti. Big Pharma, intanto, ringrazia. I suoi enormi profitti sono confermati a lungo.

Dietro lo spillover dal pipistrello all’uomo che ha generato il Covid c’è questo mondo. Lo descrive il 19esimo rapporto sui diritti globali il cui tema è lo “Stato dell’impunità nel mondo” (Futura/Ediesse, pp. 424, 26 euro, prefazione del segretario Cgil Maurizio Landini). Il volume è stato presentato ieri nella sede della Cgil nazionale dal coordinatore Sergio Segio. Promosso dalle associazioni Fight Impunity e INformazione, con la partecipazione della Cgil, il rapporto è tradotto in inglese da David Brother, Sarah e Emma Gainsforth ed è una ragionata analisi di un capitalismo che lega finanza e medicina, protezione e produttività, securitarismo e muri spinati contro i migranti, economia digitale industria militare e lavoro, sfruttamento della natura e degli animali e epidemie che devastano le società. La documentazione raccolta da venti ricercatori, giornalisti e sindacalisti (da Orsola Casagrande a Simone Pieranni e Roberto Ciccarelli, da Alberto Zoratti a Massimo Congiu e Susanna Ronconi o Susanna Camusso) dimostra come la domanda di giustizia sociale si coniughi con quella climatica. Il testo è stato presentato da Guido Iocca (Futura Editrice), Pier Antonio Panzeri, (Association Against Impunity and for Transitional Justice); Gianni Tognoni (Tribunale Permanente dei Popoli-Fondazione Basso); Kurosh Danesh (responsabile del settore migrazioni della Cgil) e dal curatore Sergio Segio.

Un libro da leggere contro il modo grottesco in cui il mainstream rappresenta la realtà: uno scontro tra una razionalità inventata dai dominanti sulla base di una normatività neocapitalistica e un’irrazionalità patologica dei “complottisti”. Qui, invece, il punto di vista è critico, etico-politico, dialogante e coinvolgente. È quello dei movimenti, a partire dai «Fridays for future» o «Extinction Rebellion» e esplora le nuove vie della sindacalizzazione e della politicizzazione nella società e nel lavoro, a partire da quello digitale con i rider. Dicevano che la nuova crisi avrebbe fatto «tornare lo Stato» come attore economico attivo, promotore dell’occupazione e regolatore del «bene generale». Come no: quello che è tornato lo Stato imprenditore del capitale umano, la politica che investe nell’impresa secondo i vecchi schemi neoliberali, gli stessi che riproducono i disastri. Il rapporto è uno strumento utile per sottrarsi a questo circolo vizioso. «Cerchiamo di analizzare ciò che succede a livello globale dall’angolatura visiva di quelli di sotto – scrive Sergio Segio – Lo sforzo è fare scaturire dal ragionamento e dalla denuncia proposte costruttive, nella prospettiva della giustizia ambientale, economica e sociale, della democrazia integrale e dello Stato di diritto. In una parola, dei diritti globali».