«Sono disponibile a togliere i capilista bloccati, non ho alcuna difficoltà. Non ho problemi a prendere i voti», a detto – tra le altre cose – Matteo Renzi ieri a Porta a Porta. Ed è un grande passo in avanti, considerando che è lo stesso Matteo Renzi che prima del referendum ha esibito in tv un facsimile della scheda dell’Italicum (destinata, dopo la sentenza della Consulta, a non essere stampata mai) spiegando che non erano previsti i capilista bloccati. «Sono i candidati di collegio», diceva l’allora premier dei capilista – omettendo di spiegare che erano candidabili in dieci collegi diversi e con il seggio garantito.

Erano e sono, visto che questa parte della legge elettorale è sopravvissuta all’intervento della Corte costituzionale. Ed è la parte che ragionevolmente piace di più ai leader di partito che così possono disegnare le liste a loro immagine, costruendo a tavolino la gran parte (per i non vincitori la totalità) del futuro gruppo parlamentare. Ogni ragionamento sulle possibili modifiche ai due sistemi (diversi) in vigore per camera e senato parte da qui, anche perché sia il Pd renziano che i 5 Stelle avevano a suo tempo avanzato la proposta di allargare quel che resta dell’Italicum – dunque anche i capilista pluricandidati e bloccati – dalla camera al senato. Poi i grillini hanno fatto marcia indietro. E adesso sfidano Renzi a far seguire alle parole i fatti: «La nostra proposta c’è già, votiamola», dice Roberto Fico. Più o meno quello che rispondono Marcon di Sinistra italiana – «è la solita promessa buona per le primarie? Lo aspettiamo in parlamento» – e il deputato del Pd Boccia, sostenitore di Emiliano: «Contano gli atti parlamentari, vedremo». E aspetteremo, perché la legge elettorale resta congelata alla camera, in attesa delle primarie.