Non accettano il congelamento dei salari per il 2021, respingono al mittente il misero aumento sottoscritto dall’altro sindacato di categoria (in base alla legge l’unico autorizzato a negoziare il contratto collettivo) e si rifiutano di pagare il prezzo della crisi dei trasporti causata dalla pandemia «finché i manager delle Ferrovie non si ridurranno i loro lauti stipendi». Ancora prima, però, pretendono che venga riconosciuto il loro «imprescindibile ruolo sociale».

In Germania i macchinisti del sindacato “Gdl”, da martedì scorso alle due di questa mattina, hanno letteralmente bloccato le linee ferroviarie del Paese dopo avere proclamato il più massiccio sciopero degli ultimi sei anni. Risultato: dai tabelloni delle partenze sono stati cancellati 700 treni a lunga percorrenza (75% del totale); il mezzo di trasporto più utilizzato dai vacanzieri tedeschi. Effetto collaterale: i pochi convogli disponibili sono stati presi d’assalto dai viaggiatori al punto che a bordo è saltata la distanza di sicurezza prevista dalle norme anti-Covid. Conseguenza: “Deutsche Bahn” (Db) è stata costretta a sconsigliare di mettersi in viaggio «se non per motivi urgenti».

Una grana gigantesca per i vertici di “Db” che negli ultimi 12 mesi hanno già visto svanire il 42% dei passeggeri rispetto all’anno precedente, ma anche un enorme problema politico: mancano meno di due mesi alle elezioni federali e la Germania sta puntando tutto sul trasporto su rotaia destinato nei prossimi anni a sostituire i super-inquinanti voli a corto raggio.

«Trasportiamo in un giorno lo stesso numero di passeggeri che Lufthansa imbarca in un anno» sottolinea non a caso Claus Weselsky, presidente della “Gdl” dal 2008 e voce dei 37.000 iscritti del sindacato fondato nel 1867. Ha bocciato il bonus-pandemia di “Db” pari a meno dell’1% del salario chiedendo l’aumento dell’1,4% (più la compensazione una tantum di 600 euro) per il 2021 e dell’1,8% per il 2022. Condizioni accettate dai dirigenti di “Db” messi con le spalle al muro, se non fosse che pretenderebbero di spalmare la cifra nei prossimi 40 mesi.

Ma Weselsky non ci sta, al contrario di Klaus-Dieter Hommel, leader del sindacato “Evg”, pronto a dare luce verde alle mini-concessioni di “Db” quanto ad accusare il collega di scioperare «non per il contratto ma per la sopravvivenza della Gdl».

Così, Weselsky non solo non si ferma ma minaccia «nuovi scioperi a breve se il nostro lavoro non verrà valorizzato come merita» risvegliando l’incubo vissuto da “Db” e il governo Merkel nel 2015 quando i macchinisti della “Gdl” incrociarono le braccia una volta al mese per nove mesi: la più lunga protesta nella storia delle ferrovie tedesche.

Al di là delle percentuali salariali la “Gdl” insiste anzitutto nel riconoscimento del ruolo sociale dei ferrovieri. «Siamo lavoratori fondamentali esattamente come infermieri, poliziotti e dipendenti pubblici che avendo resistito in prima linea nella lotta alla pandemia hanno ricevuto compensi adeguati. Deutsche Bahn dice che per colpa dei debiti per noi non ha soldi? I suoi 3.500 dirigenti dovrebbero prima rinunciare alla parte variabile della loro remunerazione, eppure quando solleviamo la questione nel Consiglio di sorveglianza cominciano a strillare».
Ragionamento impeccabile ai sensi della narrazione che vede “tutti nella stessa barca” ma anche richiesta economicamente più che fondata: «Le perdite di Db sono compensate dagli ingenti aiuti statali, ossia pagate dalla fiscalità generale» fa notare Weselsky. Anche per questo motivo “Db” non ha ancora osato chiedere l’applicazione della Tarifeinheitgesetz – la legge federale del 2015 secondo cui nel caso di rivendicazioni di due diversi sindacati si applica il contratto firmato dall’organizzazione più rappresentativa – nonostante 29 tribunali del lavoro tedeschi abbiano certificato che gli accordi sottoscritti dalla “Gdl” non hanno valore collettivo, come ricorda Die Zeit.

«In realtà abbiamo fallito solamente con le ingiunzioni parziali. Staremo a vedere quali decisioni prenderanno i giudici dopo i nostri ricorsi» precisa il leader dei macchinisti. Convinto che a cedere, alla fine, saranno i vertici di “Db” pressati dal maxi-conto dei rimborsi alle migliaia di passeggeri che hanno comprato i biglietti dei treni soppressi.