Scossone in casa Fca. Alfredo Altavilla, responsabile dell’area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) ha rassegnato le dimissioni dal gruppo. Era uno dei manager, l’unico italiano, in corsa per la successione di Sergio Marchionne e ha deciso di lasciare dopo la scelta dell’azienda di nominare amministratore delegato Mike Manley. È stata una giornata difficile anche in Borsa per la galassia del Lingotto, dopo l’avvicendamento al vertice per le condizioni di salute dell’ex ad, ricoverato in condizioni definite «irreversibili» in una clinica di Zurigo, in Svizzera.

Male a Piazza Affari, dove i titoli hanno «bruciato» in una sola seduta oltre 2,3 miliardi di euro, altalenante a Wall Street, dove, dopo un inizio nero nelle pre-contrattazioni, a metà giornata Fca e Ferrari hanno ridotto un po’ le perdite. Specificatamente, a Milano, Fca ha chiuso contenendo il calo all’1,5% a 16,17 euro. Debole il resto delle aziende: Cnh -1,7% a 8,67 euro, Exor -3,25% a 54,76 euro e Ferrari -4,88%, maglia nera del listino, che sconta però anche il risultato di domenica nel Gp in Germania. Gli analisti di mercato sono concordi nel ritenere che la «brusca fine dell’era Marchionne» sia stata una «pessima» notizia per il gruppo, nonostante la scelta di Mike Manley come successore sia «apprezzata in quanto nel segno della continuità aziendale». Per molti, sarà inevitabile un aumento di volatilità sul titolo. Dubbi sul futuro a proposito di fusioni (si vocifera di un’intesa con Hyundai), acquisizioni e di eventuali processi di riorganizzazione.

Anche il New York Times esprime serie perplessità sul dopo Marchionne. «Fiat Chrysler perde la sua forza motrice mentre davanti c’è una strada dissestata», titola il principale quotidiano statunitense. Il gruppo «fatica a tenere il passo della concorrenza in Cina, nel più grande mercato automobilistico mondiale», e «ottiene tre quarti dei suoi profitti dal Nord America, dove l’intera industria sta andando incontro a un rallentamento». Inoltre, «competitor come General Motors e Ford Motor hanno accelerato lo sviluppo di veicoli elettrici e della tecnologia di guida autonoma, mentre Fiat Chrysler è stata lenta». Il presidente Usa, Donald Trump, ha telefonato nel pomeriggio a John Elkann per esprimergli il suo dolore per le condizioni di Marchionne.

L’addio di Altavilla, in Fiat da 20 anni e a lungo braccio destro di Marchionne, è un nuovo terremoto in casa Fca e testimonia un inizio complicato per questa fase di transizione. Tarantino, 55 anni, ha guidato l’ufficio di rappresentanza Fiat a Pechino e la joint venture Tofas in Turchia. È stato l’uomo della trattativa con Gm e ha avuto un ruolo importante nei negoziati per l’acquisizione di Chrysler. In passato era stato indicato come possibile erede di Mauro Moretti alla guida di Finmeccanica. Siede anche nel cda di Tim. La notizia è stata ufficializzata dall’azienda solo ore dopo l’uscita dei primi titoli online con una nota in cui viene sottolineato che Altavilla «lascerà il gruppo per perseguire altri interessi professionali». Con effetto immediato il neo ad Manley assume ad interim la carica di responsabile della regione Emea.

La clinica dov’è ricoverato Marchionne, UniversitatsSpital di Zurigo ha, in queste ore, alzato un muro di riservatezza per tutelare la privacy di paziente e familiari. Ieri, sul futuro di Fca è intervenuto anche il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, al termine di un incontro con gli ambasciatori del G20: «Dobbiamo essere preoccupati, al tempo stesso voglio sincerare tutti che l’Italia è un paese che investirà nell’automotive e soprattutto nell’elettrico». Quello sull’auto elettrica, ha aggiunto, «è un dibattito che anche Fca ha sdoganato».

L’incertezza resta, però, alta. «Quello che ci aspettiamo, passata la fase di fisiologico assestamento, è di conoscere dove e quando si faranno gli investimenti annunciati, altrimenti rimarrà l’attuale fase di confusione». Così il segretario provinciale della Fiom , Federico Bellono, interpellato sull’arrivo di Mike Manley alla guida di Fca e sulle dimissioni di Alfredo Altavilla. «Quello che manca – ha aggiunto Ugo Bolognesi della Fiom torinese – sono le politiche industriali e la colpa è anche dei governi che si sono succeduti. Ora chiediamo un tavolo al ministero della Sviluppo economico, a cui partecipino azienda, istituzioni e le parti sociali perché servono politiche che mantengano l’occupazione».