La distruzione della zona sud della “giungla” di Calais è stata sospesa ieri a metà pomeriggio, dopo l’incendio di due capanne e di un caravan, che ha fatto seguito a brevi scontri con la polizia (con lanci di lacrimogeni e pietre). Ci sono stati tre fermi (due attivisti e un migrante).

L’operazione dei bulldozer era iniziata la mattina, malgrado il ricorso al Consiglio di stato da parte di varie associazioni di aiuto ai migranti, dopo l’ambigua sentenza del tribunale amministrativo di Lille, la scorsa settimana, che dava il via libera all’evacuazione, ma imponeva di rispettare i «luoghi di vita», tra cui la scuola, la biblioteca, i luoghi di culto e dei ripari per donne e minorenni (più di 300 minorenni isolati sono nella zona sud).
Altro che «umanità»

La promessa fatta da governo e Prefettura di agire con «umanità» e di intervenire con «un’evacuazione progressiva» non è stata rispettata. Di qui la reazione dei militanti, accusati dal prefetto Fabienne Buccio, che ieri mattina si è recata sul posto, di essere degli «estremisti» che hanno «spinto i migranti a rifiutare le proposte di accoglienza». Fabienne Buccio afferma che i mediatori, inviati nella “giungla” per convincere i migranti ad accettare sistemazioni alternative, sono stati vittime di «aggressioni verbali e fisiche» lo scorso fine settimana.

Il governo mostra i muscoli con i più deboli, senza aspettare la conclusione della procedura giudiziaria, anche perché, sempre ieri, è stato costretto a una brusca frenata sulla riforma del lavoro: di fronte alla crescente contestazione e alla minaccia di manifestazioni degli studenti (che terrorizzano il potere in Francia), il testo della ministra El Khomri non sarà presentato in Consiglio dei ministri il 9 marzo, come previsto, ma – forse – il 24 marzo, dopo due settimane di discussioni con i sindacati. È una richiesta esplicita della Cfdt, mentre la petizione contro la riforma che rende più facili i licenziamenti sta ormai viaggiando verso il milione di firme.

Lunedì mattina «alle associazioni è stato proibito di accedere all’accampamento tra le 7,30 e le 10,30» ha denunciato Magalie Bourgoin, dell’associazione Utopia56. Questo «per evitare che ci fossero testimoni di quello che succedeva».

Un’ora per lasciare le tende

Un centinaio di agenti ha investito la zona sud della “giungla”, dando ai migranti «un’ora per uscire dalle capanne». Ufficialmente, «per permettere alla società incaricata del ritiro delle tende e delle capanne inoccupate di effettuare il lavoro». La Prefettura aveva difatti promesso che sarebbero stati distrutti solo i rifugi precari vuoti, dopo che gli occupanti avessero accettato una proposta di accoglienza altrove. Ma per François Guennoc dell’Auberge des Migrants, è stata invece scelta la strada del colpo di mano, «un’operazione precipitosa, che relativizza gli sforzi di pacificazione dichiarati da prefetto e governo», senza proporre una sistemazione alternativa: «È sorprendente che distruggano la capanne mentre l’offerta nei container è ridotta a 100 posti», al massimo 200.

I container, circondanti da filo spinato e a cui si accede solo per riconoscenza palmare (cioè dopo aver fatto registrare le impronte digitali) sono difatti già quasi pieni. L’altra alternativa proposta sono i Cao, i 102 Centri di accoglienza e di orientamento, lontani da Calais.

Un caos che dura da vent’anni

Dove andranno i migranti che rifiutano di farsi registrare, perché non vogliono chiedere l’asilo in Francia e sperano di poter attraversare la Manica e per questo non intendono allontanarsi da Calais? «Fuggiranno nei boschi – afferma François Guennoc – e la polizia andrà a sloggiarli ancora». Il caos a Calais dura da quasi vent’anni: nel ’99 era stato aperto il centro della Croce Rossa a Sangatte, poi chiuso nel 2002. La Gran Bretagna ha spostato la propria frontiera a Calais, con l’invio di agenti e un contributo finanziario alla Francia, che fa il cane da guardia per impedire che i migranti passino la Manica.

Le mafie prosperano e adesso il Belgio ha rimesso i controlli alle frontiere perché teme che l’evacuazione della “giungla” di Calais si traduca nell’invasione di Zeebruges (la Commissione ha protestato contro questa decisione senza preavviso). Secondo un sondaggio dell’istituto Sofres, per il 49% dei francesi i rifugiati sono diventati il primo problema Ue (il terrorismo lo è per il 27%, la disoccupazione per il 22%) e il 64% aspetta una soluzione europea.