Se vi lamentate di ascoltare sempre le stesse cose dovete ascoltare il primo disco di inediti da solista di Giovanni Succi, Con ghiaccio (La Tempesta Dischi). Perché? Succi è autentico, un osservatore sottile che non si prende sul serio, scazzato e sofferente, malinconico, melodico e poetico al punto giusto, senza strafare nelle verità che non spiegano nulla. Davvero, può burlarsi del conformismo sia raccontando di quando, giovanissimo, fece reading su Bukowski, o dell’incontro con il bagnino Remo che scrive canzoni.

C’è un occhio intimo e disilluso, una narrativa coinvolgente e un uso della parola affilato quanto musicale. Più ironia e leggerezza della sua storica band Bachi da Pietra, che ci racconta a modo suo: «Da qualche anno ricevevo altre visite. Pezzi in mutande e canottiera, impossibili da infilare nell’estetica dei Bachi. Insetti mutanti alle prese col bagnino? Nah. Anomalie del genere in passato le avrei relegate in EP come Festivalbug, una sorta di bug nel sistema Bachi. Ma qui di bug ce n’era una colonia ormai, tutti in ciabatte e faccia da schiaffi. Bisognava riavviare il sistema. Roba più adatta al sig. Pinco Pallino, un tale che sbandiera i suoi casi a titolo personale. Cercavo un nome. Poi un giorno mi ha fermato la stradale, documento: Giovanni Succi è lei? – Sì. Ho usato quello». Artista di nicchia è una meraviglia di nonsense che definisce però un quadro finale: la descrizione di etichette sociali/musicali che inutilmente vorrebbero contenere un mondo liquido. D’altronde nel suo disco utilizza svariati registri: «L’arsenale è vasto, per me è ancora rock’n’roll, camaleontico, mutante, in divenire, ma è lui. Artista di nicchia è una supercazzola, ma un grammelot per funzionare deve contenere frammenti di senso, qualsiasi parola-suono riverbera significati».

Salva il mondo invece è un’insolita ballata in cui c’è l’artista che predica dal suo trono: «Nel pezzo incarno il delirio dei messia da palco, con una soluzione vaga e indiscutibile in franchising, che vorrebbero affiliarti per salvare il mondo attraverso la vendita del loro prodotto. Organici di fatto al sistema che contestano, solo che ormai il loro cliché è quello: o salvano il mondo ogni sera o chiudono bottega. Tutti quanti tiriamo a campare. Se fai rock liberamente ti serve uno straccio di democrazia e la corrente elettrica, giusto? In tour ci vai con gli idrocarburi. Se consumi droghe ti serve una mafia efficiente. Alla fine provo una vena di tenerezza per il personaggio che incarno nel pezzo: identico a un cardinale in extra lusso allo scuro di tutto, responsabile di niente e comunque nel giusto ed innocente per diritto di parte».

Racconta che l’Amaro Succi è un distillato di erbe di Nizza Monferrato e Con Ghiaccio ]è l’amaro di un folle che esce nudo dal bagno con un bicchiere in mano. Prodotto, arrangiato e registrato da Ivan A. Rossi, i live di questo disco non saranno lisci ma, come ci dice l’autore, devastanti: «Abbiamo lavorato duramente per rendere la complessità sonora del disco in tre. Ivan ha fatto un gran lavoro. Ho sottoposto Tristan Martinelli e Giovanni Stimamiglio a sfruttamento brutale. Questo è il nostro mestiere. Zero diritti, zero certezze, zero salario, solo doveri. E ci piace pure tanto da non desiderare di meglio. Si tratta chiaramente di malattia. Almeno gli strumenti ce li dovrebbe passare la mutua».