«Noi non dobbiamo fare la guerra a Renzi. Renzi ha vinto. Renzi è il segretario del Pd». Al di là degli scontri e delle polemiche che hanno occupato i passati mesi, c’è una chiara esigenza nella Cgil di “ricalibrare” il rapporto con il presidente del consiglio, cercando di ottenere il massimo sul fronte delle proprie richieste. E infatti le parole di Carla Cantone, la segretaria dei pensionati Spi, prendono atto di un contesto che ha sempre più visto appannarsi l’immagine del sindacato, mentre cresce la popolarità del giovane premier. Una riflessione, sulle battaglie del passato e del presente, Cantone la svolge nel suo Di lotta e di memoria, libro intervista edito da Manni, scritto con il giornalista de l’Unità Massimo Franchi. Il testo verrà presentato oggi a Roma, alla Feltrinelli di Piazza Colonna (18,30), con i due autori e un ospite che offrirà spunti di dibattito: il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.

Ma prima di approfondire le questioni più attuali, appunto le “lotte”, non si può non citare la ricca parte di “memoria”, gli aneddoti attraverso cui Carla Cantone ci guida, a cominciare dal suo esordio nel mondo del lavoro e poi nel sindacato. A 14 anni la troviamo in una fabbrica metalmeccanica di Pavia, la sua città natale, con un vestito bianco e un cinturone con i thermos: vende il caffè agli operai, e dovrà subito ambientarsi in mezzo agli apprezzamenti che le arrivano da un posto di lavoro tutto al maschile. Quella stessa fiducia che dovrà guadagnarsi qualche anno dopo, quando fatta carriera nel sindacato (era partita dal pubblico impiego) andrà a finire agli edili: ancora battute su battute, la chiameranno “Carmen Russo” della Cgil (per dire che gli operai non fanno sconti), ma poi a conquistarli è la sua loquela appassionata.

Ma questi ricordi sono solo un amarcord? Niente affatto: quello stesso ieri, vissuto con la passione del sindacalista, oggi può essere recuperato, soprattutto dai giovani. «Dobbiamo tornare a fare le assemblee fuori dai luoghi di lavoro», come si faceva un tempo, dice Cantone. Incrociare esperienze e movimenti, comitati di cittadini e associazioni, perché le fabbriche e i call center non siano più dei posti isolati, gestiti con il pugno di ferro dai manager, ma possano “contaminarsi” con gli stimoli e le battaglie che vengono dalla società civile. D’altronde, con la contrattazione sociale – fatta con gli enti locali per migliorare il welfare – lo stesso Spi non fa altro che intrecciare i propri bisogni e interessi con quelli dell’intera cittadinanza, dai bambini fino agli ottantenni.

E oggi? Che fare? Niente guerra a Renzi, ok, ma questa apertura di credito da parte della segretaria Spi – dopo che lei stessa alle primarie aveva sostenuto Gianni Cuperlo – non vuol dire affatto abbassare la testa, o tanto meno perdere l’autonomia. Cantone lo dice chiaro: «Voglio restare libera di contestare la sua linea (di Renzi, ndr) ogni volta che non la condivido: contestarla e combatterla quando non mi convince».

E infatti, proprio sugli 80 euro, lo Spi è stato uno dei sindacati più critici: «Ingiusto non estenderli ai pensionati», aveva detto la segretaria, e la sua protesta sembra essere stata raccolta se è vero che nel 2015 il governo vuole rimediare. Allo stesso modo, la Cgil non si deve «lasciare incartare» dal premier, ad esempio nella vertenza pensioni discussa proprio in questi giorni con Cisl e Uil. Non dovrà replicare – Cantone l’ha detto al Congresso Cgil, lo ripete nel libro – l’errore compiuto sulla riforma Fornero, ovvero fare una contestazione troppo morbida e perciò perdente.