Raffaele Cantone lo considera «un risultato in chiaroscuro». Ma nel primo bilancio annuale dell’Autorità nazionale anticorruzione guidata dall’ex pm anticamorra viene certificato un dato di fatto: la corruzione in Italia è «un fenomeno sistemico, all’interno di un sistema gelatinoso in cui si fa perfino fatica a dire chi è il corrotto e chi è il corruttore». La stessa fotografia, a ben vedere, scattata dalla procura di Firenze, e stampata in più di una occasione. A partire dalla grande inchiesta (poi “atomizzata”…) sugli appalti del G8 alla Maddalena e per la ricostruzione de L’Aquila dopo il terremoto.

La strada da fare resta comunque tanta, per chi come Cantone lavora oggi in relazione con le pubbliche amministrazioni. Quest’ultime fanno fatica ad elaborare piani anticorruzione efficaci. A riprova, l’Anac offre al parlamento le prime analisi su un campione di 1.300 enti, che in stragrande maggioranza (il 90%) adottano dei provvedimenti. Esaminati, e bocciati senz’appello: «Insufficienti per metodo, sostenibilità ed efficacia».

Ad esempio arrivano brutti segnali sulla rotazione dei dipendenti pubblici, più volte richiesta dall’Anac ma attuata solo nel 40% dei casi. Quanto al whistleblower, il meccanismo con cui il lavoratore può denunciare, sotto tutela, potenziali irregolarità, il 30% delle amministrazioni non lo prevede. E in totale sono arrivate solo 90 segnalazioni, stando al consuntivo che esce da un campione di 155 report dei responsabili prevenzione corruzione degli enti.

«Emergono varie criticità – prosegue Cantone – tra cui la sostanziale assenza di un’analisi del contesto esterno in cui opera l’amministrazione (in oltre l’80% dei casi), e la scarsa mappatura dei processi interni (puntuale solo nel 10% dei casi)».

Va a finire che la maggior parte delle segnalazioni arrivate, più di due terzi del totale, è stata messa nero su bianco, «a titolo personale». Sia da dipendenti pubblici, che dai liberi professionisti che con la Pa lavorano. «Le segnalazioni riguardano in modo particolare i comuni e gli enti pubblici locali – puntualizza Cantone – cioè i soggetti istituzionali più vicini ai bisogni dei cittadini. È un segnale che dimostra come i cittadini si stiano impadronendo dello strumento».
L’ex pm anticamorra ha poi ricordato alcuni dossier dell’Anac. Si va dall’Expo al Mose, passando per Mafia Capitale, il Cara di Mineo e la Metro C di Roma. Su quest’ultimo caso, così come sul sottoattraversamento fiorentino dell’alta velocità ferroviaria, e sul crollo dell’appena inaugurato viadotto Scorciavacche della Palermo-Agrigento, Cantone ha assicurato un’attenzione particolare dell’Anac. Puntando l’indice sul settore delle Infrastrutture: «Si rileva un quadro critico, nel quale la fase realizzativa continua ad essere caratterizzata da forti ritardi e contenziosi, dall’apposizione di varianti e riserve».

Pollice alzato invece su Expo: «I nostri controlli non hanno rappresentato un ostacolo alle attività della società, ma hanno consentito di riprendere speditamente i lavori, e concluderli entro la data fissata di avvio dell’Esposizione». Un capitolo a parte è riservato alla Legge Severino, che per l’ex pm – al di là del caso De Luca – ha bisogno di una revisione «per consentire una reale efficacia e utilità». Fra i provvedimenti che l’Anac considera più urgenti c’è poi la legge delega per riscrivere il codice degli appalti: «Recepisce le ultime direttive comunitarie – puntualizza Cantone – e scommette sull’Autorità, a cui attribuisce poteri di regolazione e di controllo molto significativi, tanto da essere indicata come il futuro arbitro del sistema». Nota d’orgoglio quest’ultima, ribadita dalla richiesta per l’Anac di maggiori poteri sanzionatori: «Perché l’assenza di conseguenze punitive rende meno efficace il controllo».