«Il nostro vento di terra era un gioco da ragazzi. Eravamo una banda di scugnizzi che correvano al pomeriggio per le strade, giocavamo a pallone, suonavamo i campanelli dei bassi, facevamo rumore coi bidoni di latta della spazzatura. Quello era fare la folata del vento di terra, una corsa di monelli scatenati». Fortemente autobiografico, il nuovo album di Enzo Gragnaniello ha per titolo Lo chiamavano vient ‘e terra, il diciannovesimo della sua lunga carriera cominciata più di quarant’anni fa con la sigla dei disoccupati organizzati Banchi Nuovi, stesso nome di un gruppo legato alla musica popolare. Un salto in quei frenetici anni settanta (testimoniata dalla copertina, una foto di Enzo coi capelli lunghi che scende di corsa le scale del Petraio, firmata da Guido Harari) quando il cantautore faceva il giardiniere al comune di Napoli, dopo essere scappato di casa e aver provato anche il dolore del carcere.

«QUANNO TENEV’ i capelli lunghi, la gente diceva chill’e drogato, quando pigliavo ‘a chitarr’ dicevano chill‘è strano». Dodici canzoni nuove con le grandi capacità interpretative di questo autore dalla voce tufacea, antica e istintiva,scura e sospesa, che insegue frammenti di poesia (nel ‘98 pubblicò un album Neapolis Mantra dove non c’erano parole ma solo melismi, fonemi, improvvisazioni vocali come un muezzin che chiamava a raccolta gli abitanti dei quartieri e ha scritto tanti brani preziosi, vincendo per tre volte il Premio Tenco ), ultimo rappresentante di una tradizione canora un po’ dimenticata.

CON UN PROFONDO senso di spiritualità che attraversa le ritmiche mediterranee, questo mosaico di testi scelti tra grande coscienza civile e rabbia metropolitana, raccontando una vita difficile, da garzone di bar ad adolescente tormentato e poco scolarizzato. La sacralità del tempo e della nostra esistenza è il tema di ’Mmano ‘o tiemp invece la caduta dei valori e il disprezzo dell’esperienza degli anziani s’insinuano in Povero munno.

COSÌ GRAGNANIELLO intona anche strofe contro ogni forma di violenza, chiedendo ai suoi giovani conterranei di saper scegliere tra bene e male nei due brani Gli uomini ego e ‘A delinquenza, quest’ultimo adottato dal municipio partenopeo come colonna sonora della rassegna Giugno Giovani. «‘A delinquenza nun tene culore nun tene bandiere nun tene sudore/ sta dint’e cape e chi nun sape niente/ca ‘o munno è fetente e te vene a piglià/ Io t’ho dicevo statt’ accort/quann’ fai na cosa storta».