Due anni fa hanno cantato una parodia della celebre canzone Azzurro di Adriano Celentano e adesso rischiano di andare a processo per istigazione a delinquere. Pena prevista: da uno a cinque anni. Sembrerebbe uno scherzo, invece è tutto vero. La surreale accusa è stata mossa contro sei attivisti dei movimenti romani per il diritto all’abitare.

I fatti risalgono a una manifestazione davanti alla Regione Lazio del 13 ottobre 2018. Nel capo di imputazione il pubblico ministero Erminio Amelio afferma che «mediante l’utilizzo di microfono e di adeguato sistema di amplificazione posto su un furgone in testa al corteo di manifestanti, incitavano i presenti alla commissione di delitti e segnatamente a violazioni di domicilio ed occupazioni abusive di edifici».

Questi i versi incriminati:

Cerco una casa tutto l’anno/

all’improvviso eccola qui/

La serratura dove sarà/

Dico che famo piano piano/

ma non c’è verso tocca sfondà/

frullino, piede di porco/

tutte le case andamo ad occupà/

Mi sono portata il letto ed il comodino/

A Roma ci stanno tante case sfitte/

occuperemo pure le loro soffitte

L’udienza preliminare in cui si deciderà se il processo si deve fare o no è prevista per lunedì. Tre degli accusati sono difesi dall’avvocata Simonetta Crisci. Altri tre dall’avvocato Francesco Romeo.

«È un processo paradossale – afferma Romeo – Attraverso un residuato del Codice Rocco, l’articolo 414 del Codice penale, si vuole reprimere una libera manifestazione del pensiero in senso ironico. Questo è il dato di fatto. La Procura ha interpretato la norma in senso regressivo. La Corte costituzionale e tutte le sentenze successive sostengono invece che per l’istigazione a delinquere ci deve essere un nesso di immediatezza tra dichiarazione e commissione di reato. Per esempio Erri De Luca disse che bisognava “sabotare la Tav” ma poi fu assolto proprio perché mancava quel nesso di immediatezza».