La riscoperta di Elvira Notari, regista del muto napoletano, iniziò sull’onda del femminismo degli anni Settanta, ma non si andò oltre alla «scoperta», perché Notari fu sempre associata alla cultura popolare napoletana: agli stracci, ai vicoli, e ai delitti di gelosia, zumpate (duelli al coltello) incluse. Il regime fascista stigmatizzò (e sul finire degli Anni Venti, soppresse) questo cinema per la visione diretta (non diciamo realistica solo perché era girato in esterni veri e interpretato da attori presi dalla strada) della realtà sociale meridionale. E questo cinema (non la famiglia Notari) emigrò in America e preparò le basi per la produzione autoctona italoamericana.

GLI STUDI

Dopo gli studi di Giuliana Bruno, Enza Troianelli e Mario Franco, il prezioso volume La film di Elvira curato da Paolo Speranza e la retrospettiva organizzata da Licio Esposito, che ha ritrovato uno dei mitici documentari locali che Notari realizzava per gli emigramti lontani, si è messo in moto finalmente un lavoro di maggior respiro, firmato da giovani studiose che, senza la pressione di argomentare un femminismo tematico improbabile, raccontano l‘intraprendente managerialità e il ruolo della regista all’interno della cultura napoletana.

IL CONVEGNO

Nel frattempo Simona Frasca, Enrico Corrieri e Anna Masecchia hanno investigato la peculiarissima relazione tra cinema muto napoletano e canzone, proponendola anche nell’innovativo convegno retrospettiva organizzato a Francoforte (da Heide Schluppman, Karola Gramann e Sonia Campanini) sulla Notari e il cinema napoletano. ù

MARTINELLI

L’articolata rassegna bolognese arriva quindi al momento giusto per far tesoro di queste esperienze e proporre, anche attraverso l’omaggio al grande studioso napoletano Vittorio Martinelli, uno sguardo diverso su questo cinema. Intanto perché napoletano? Girato a Napoli, come Assunta Spina, da napoletani come Francesca Bertini ma prodotto dalla romana Caesar film del napoletano Barattolo? O perché napoletane erano le case di produzione: la gloriosa Partenope dei Troncone, quella cosmopolita (franco-americanizzante) di Gustavo Lombardo, il quale nel lontanissimo 1908 lanciò la rivista Lux con un dibattito tra Bracco e Viviani su cinema come arte, e con la compagna Leda Gys girò moderni film tra America, Piedigrotta e le marine napoletane.

INDUSTRIA

Nel 1914 Notari produsse A Marechiare ‘ce sta ‘na fenesta, un film patriottico legato alla famosa canzone, inventando un prodotto ibrido: il film muto cantato dal vivo, creando in questo modo una sinergia tra spettacolo dal vivo, varietà e cinema, che crea interessanti scambi intermediali e una solida industria culturale che a Napoli include editoria e giornalismo, teatro, industria musicale. Un’industria che produce cultura popolare nel senso gramsciano del termine, in grado di produrre Assunta Spina e A Santanotte. In effetti che differenza c’è tra la zumpata che risolve il dramma nei due film? Perché uno sta nei libri di storia del cinema e i film di Elvira no? E perché proiettare l’ombra ingombrante del neorealismo su questo cinema, come per redimerlo dalla sua autenticità? Come si distingue la sceneggiata popolare da quella medioborghese di Maria Del Colle?Quando il muto italiano tace questa è la sola produzione che continua anche perché ha un mercato all’inizio ancillare ma poi importante quanto ignorato negli Stati uniti che spiega invece la continuità del mondo dello spettacolo meridionale in quello italoamericano.