Due papi sugli altari, Giovani XXIII e Giovanni Paolo II. Due sul sagrato di San Pietro, Francesco a presiedere la cerimonia e Benedetto XVI a concelebrarla, leggermente defilato. Un poker di pontefici mai visto nella storia della Chiesa cattolica che oggi sarà protagonista della canonizzazione di Roncalli e Wojtyla in piazza San Pietro dove sono previste 800mila persone, forse 1 milione, insieme a 112 delegazioni di paesi esteri, 24 delle quali guidate da capi di Stato e reali, 11 da primi ministri. Per l’Italia ci saranno Giorgio Napolitano e Matteo Renzi. Il sindaco della capitale Ignazio Marino dichiara spese per oltre 7 milioni di euro (il Vicariato di Roma ne metterà 500mila) e batte cassa con il governo: «La canonizzazione non può riguardare solo Roma e i romani».

Tutto sarà trasmesso in mondovisione e sulla rete, per uno degli eventi – come sempre più spesso capita in Vaticano, si tratti dei funerali di Wojtyla, del volo in elicottero del dimissionario Ratzinger dal Palazzo apostolico a Castel Gandolfo o dell’elezione di Bergoglio – più seguiti nella storia delle comunicazioni. In un processo di mediatizzazione e spettacolarizzazione della fede che rischia sempre più, perlomeno nel senso comune, di identificare la Chiesa con il papato: in molte parrocchie sono stati piazzati gli schermi televisivi sui quali oggi i fedeli vedranno la canonizzazione in diretta al posto della messa domenicale mattutina; e il Centro televisivo vaticano – che ha l’esclusiva sulle immagini del pontefice e quindi farà anche un buon incasso – annuncia che, grazie alla collaborazione con Sky, l’evento sarà «raccontato per la prima volta in 3D» (in 500 cinema di 20 paesi, 120 solo in Italia) per avere «la sensazione di essere presenti in piazza San Pietro». Insomma si inforcheranno gli occhialini e sembrerà di essere seduti accanto a Bergoglio.

Con Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II salgono a 80 (su 266) i papi santi. La rivista Credere delle edizioni San Paolo, in edicola il 30 aprile, rivela che presumibilmente il prossimo 19 ottobre verrà beatificato anche Paolo VI. E a breve toccherà anche ad altri due pontefici del ‘900: il controverso Pio XII e Giovanni Paolo I, dei quali sono state riconosciute le «virtù eroiche», primo passo verso la gloria degli altari. Continua dunque e si rafforza, nonostante la collegialità e la sinodalità auspicate da papa Francesco, quella santificazione del papato, e quindi del centralismo romano, criticata dalla Chiesa di base ma anche dal cardinal Martini, allergico a ogni forma di papolatria.

La decisione di Bergoglio – che ha accelerato la corsa verso gli altari di Giovanni XXIII derogando alla necessità del secondo miracolo – di canonizzare insieme Roncalli e Wojtyla, i due papi più popolari del ‘900, oltre a essere pastoralmente potente e mediaticamente efficacissima, contiene almeno due significati.

Il primo è che Francesco – nei manifesti rappresentato sullo sfondo dietro i nuovi santi con l’aureola – si propone come una sorta di sintesi dei due, evocata da diversi elementi: il richiamo al Concilio Vaticano II e alla «Chiesa povera» di Roncalli, il carisma e la forte presenza mediatica di Wojtyla. Il secondo è il ridimensionamento e l’inserimento nella continuità della storia della Chiesa dell’aggiornamento conciliare di Giovanni XXIII, non a caso mai lasciato solo ma sempre «guardato a vista» da un altro pontefice: quando venne beatificato nel 2000 insieme a lui c’era Pio IX, quindi il papa Sillabo e della condanna della modernità con quello delle aperture al mondo moderno, in una conciliazione degli opposti piuttosto stridente; ora c’è Wojtyla che ha chiuso, spesso depotenziandole e azzerandole, tante questioni aperte o appena lasciate intravedere dal Concilio, come la collegialità episcopale, la morale sessuale, il ruolo delle donne nella Chiesa. Bergoglio riprenderà alcuni di questi temi, come ha dichiarato di voler fare, e li trasformerà in riforme?

Certo è che le canonizzazioni, oltre al valore spirituale che rivestono per i credenti, hanno anche una indubbia e inevitabile valenza politica. È stato così in tutta la storia della Chiesa, è così anche per la Chiesa di oggi e di domani. Roncalli e Wojtyla, nonostante siano proclamati santi insieme, delineano due modelli e due percorsi diversi e non sempre in armonia: vicini per l’impegno per la pace e contro la guerra, il dialogo interreligioso, la ricomposizione della frattura con gli ebrei, cui una nutrita delegazione sarà oggi presente a San Pietro; distanti su molte altre questioni che hanno come baricentro proprio il Vaticano II e il conservatorismo di Wojtyla sulle nomine episcopali, sulla repressione dei teologi, sull’etica sessuale.

Fino a ora Bergoglio ha rivitalizzato una Chiesa azzoppata dallo scandalo pedofilia, dal Vatileaks, dalla restaurazione di Ratzinger. Si tratterà adesso di vedere quale direzione effettiva prenderà la Chiesa guidata da Francesco.