«Questa non è una misura contro i critici ma in favore delle serate di gala» aveva detto il direttore del Festival di Cannes Thierry Fremaux a «Variety» per giustificare una delle nuove regole che verranno inaugurate da Cannes 71 il prossimo maggio – quella che sta facendo più discutere. E cioè l’eliminazione delle anteprime stampa per i film in concorso, o meglio dell’anticipo delle proiezioni riservate ai giornalisti rispetto alla premiere mondiale del film, con annessa sfilata del cast e degli ospiti famosi sul tappeto rosso, la cosiddetta montée des marches del Grand Théatre Lumiere, la più grande sala del Festival.

Secondo Fremaux, questa misura servirebbe a ripristinare il prestigio delle anteprime mondiali, senza «svilirle» con dei commenti, magari delle stroncature, che le precedono sul web e i social media a opera di chi ha già visto il film.
La reazione sdegnata di critici e giornalisti è culminata ieri in una lettera aperta della Fipresci (la federazione internazionale della stampa cinematografica) indirizzata a Fremaux, per chiedere lumi e fargli notare come la copertura giornalistica del Festival (e la fruizione da parte di chi ne legge sui giornali) venga seriamente compromessa da questa decisione. «Concordiamo sul fatto che i post irresponsabili sui social danneggino la vera natura della nostra professione, ma siamo preoccupati per il lavoro e la copertura del Festival da parte di critici e giornalisti.

Temiamo infatti che i cambiamenti, per come sono stati descritti sinora, favoriranno piuttosto le opinioni affrettate condivise sui social network e andranno a detrimento della qualità del lavoro dei critici professionisti».
Come spiega un’altra lettera aperta dell’associazione dei critici francesi, gli articoli sulla carta stampata uscirebbero, in alcuni casi, perfino 48 ore dopo la prima proiezione del film – dopo che se ne sarà già lungamente discusso sul web: «È quindi ragionevole temere che simili condizioni di lavoro incoraggino i redattori a pubblicare fotografie invece che testi, e a preferire un sistema di votazioni dei film a delle recensioni dettagliate».

La complessità del programma , continua la lettera, penalizza anche la possibilità di fare interviste al regista e al cast dei film in modo non superficiale: avendo cioè visto il loro lavoro prima di fare le domande. E inoltre: perché dovremmo credere che chi parteciperà alle serate di gala non andrà poi sui social a dire la sua sul film?
«La vera stampa e i social network non sono la stessa cosa! – aveva detto ancora Fremaux in difesa della sua scelta – appartengo a una generazione che non mette sullo stesso piano un tweet e un serio articolo pubblicato da un critico».

L’ironia della sua apologia della stampa «seria» – già divisa sulla croisette in base a un sistema di caste simil-indiane – sta nel fatto che sono proprio le riflessioni ragionate sui film a venire ulteriormente penalizzate da questa scelta di «ridare lustro» alle serate di gala, a tutto favore di liquidatorie «cagate pazzesche» di fantozziana memoria.