«La lotta alla droga è una priorità». Chissà perché non gli era venuto in mente prima, quando ha firmato il patto di governo, ma ora Matteo Salvini non ha dubbi: «Non ci sono droghe più o meno leggere o che fanno più o meno male». Deve essere per questo che comincia da quelle da salumeria, tipo la cannella e affini. Quelle, per capirci, senza alcun effetto stupefacente, usate anche dalla nonnina di 80 anni per dormire meglio, come hanno spiegato in questi giorni molti gestori di cannabis light shop invitando il ministro di governo a recarsi in loco e provare.

Perfino il premier Conte ha provato ieri a portare il suo vice destro sul filo della ragione: «Stiamo parlando di sostanze che non sono stupefacenti», ha detto. Ma è fiato sprecato, bisogna solo attendere ancora un paio di settimane perché è nei panni del leader del Carroccio, che Salvini si muove in questo contesto. Mai così distante dai suoi alleati di governo che invece a Torino, con una mozione della maggioranza consiliare pentastellata, hanno imposto alla sindaca Chiara Appendino di chiedere l’autorizzazione per la coltivazione in proprio da parte del Comune della cannabis sativa da destinare alla produzione di farmaci.

NATURALMENTE la bolla è già scoppiata. Ieri il ministro leghista è rimasto in silenzio, attonito probabilmente davanti ai sondaggi che danno la Lega in calo. E poi, neppure la Comunità San Patrignano doveva essere riuscita a trovare qualche escamotage per chiudere tutti i negozi “dello scandalo” (peraltro, come fanno notare in molti, nati a suo tempo con il voto favorevole della Lega), perché la direttiva del Viminale annunciata da Salvini e arrivata infine ai questori non contiene altro che una raccomandazione generica ad intensificare i controlli.

Lo fa notare l’altro vice premier, Luigi Di Maio, che su La7 assesta il suo colpo: «Salvini sta usando il tema della droga per coprire il caso Siri. Noi siamo contro lo spaccio senza se e senza ma. Penso che si debbano chiudere le piazze dello spaccio».

E anche Matteo Mantero, al quale il capo del Viminale aveva chiesto di ritirare la sua legge per la legalizzazione della cannabis, risponde a tono: «Combattere la “droga” facendo chiudere i negozi di canapa light è come combattere l’alcolismo vietando la birra analcolica», twitta il senatore 5 Stelle. Perché, aggiunge, «è più facile prendersela con i commercianti che vendono fiori secchi che combattere la criminalità. Ma mentre le forze dell’ordine perderanno tempo nei controlli di questi negozi, la criminalità sarà libera di agire indisturbata. Dove ci sono i canapa shop è diminuito il mercato illegale – spiega ancora Mantero -, facendoli chiudere Salvini fa un grosso favore agli spacciatori e mette a rischio la salute dei consumatori perché i prodotti sul mercato illegale sono sicuramente più pericolosi».

L’OPPOSIZIONE è servita: c’è poco da aggiungere. E infatti il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, balbetta: dopo aver ammesso di non essere «mai stato a favore della legalizzazione» finisce col rivolgere all’avversario politico un generico appello a preoccuparsi piuttosto «dello spaccio h24 di droga gestito dalla criminalità organizzata».

In quale modo, senza la legalizzazione, non è dato sapere.

LaPresse

Per fortuna il suo compagno di partito Marco Furfaro, coordinatore di Futura e componente della direzione nazionale, abbandona le inutili cautele elettorali e azzarda: «La politica deve fare lo sforzo di uscire dalla demagogia: con slogan e pregiudizi non si risolvono i problemi. In un Paese in cui le mafie imperversano, la legalizzazione delle droghe leggere non può essere un tabù. Il proibizionismo di questi decenni ha solo rafforzato le mafie, portato morti, condannato tanti ragazzi alla delinquenza». Furfaro annuncia poi che sarà oggi a Roma (ore 14, Piazza della Repubblica) alla Million Marijuana March, «con migliaia e migliaia di ragazze e ragazzi, per porre all’attenzione della politica il tema della legalizzazione delle droghe leggere e dell’accesso all’uso terapeutico».