Migliaia di malati da mesi sono alla disperata ricerca di un farmaco ormai introvabile in Italia, la cannabis.

Sui social network, nei gruppi di pazienti che si curano con la cannabis terapeutica, rimbalzano ormai da mesi gli appelli, le richieste d’aiuto e i suggerimenti su dove trovare qualche grammo in una farmacia. Alcuni farmacisti di buona volontà si sono impegnati nell’inventare preparazioni sostitutive, mescolando le poche scorte rimaste, per venire incontro alle esigenze terapeutiche dei pazienti.

A Buon Diritto, Antigone, Associazione Cannabis Terapeutica, Associazione Luca Coscioni, Cannabis Cura Sicilia Social Club, Cgil, Cild, Comitato Pazienti Cannabis Medica, Forum Droghe, FP Cgil, LaPiantiamoCsc, la Società della Ragione, Legalizziamo.it, LegaCoopSociali, Lila, Sirca – le 17 associazioni che il 30 novembre scorso avevano organizzato una conferenza stampa in Senato, per chiedere l’approvazione di una legge efficace sulla cannabis terapeutica, purtroppo senza esito positivo – hanno chiesto in una lettera aperta alla ministra Lorenzin di applicare pienamente la legge in vigore e far fronte alla permanente mancanza di prodotti.

L’appello chiede prima di tutto di autorizzare «una importazione d’urgenza di farmaci a base di cannabis per sopperire alle tragiche carenze dell’oggi», in attesa della messa a regime degli interventi di implementazione delle modalità di approvvigionamento, compresa la concessione di permessi di produzione locale. Ma non solo. Sollecita la promozione di studi sulle proprietà terapeutiche della cannabis, di trial clinici sul suo impiego, avviando un percorso che possa portare al riconoscimento formale come farmaco. Fra le principali richieste anche quella volta a rendere effettiva la normativa vigente, con l’avvio di corsi di formazione per tutti gli operatori del settore, a cominciare da quelli della sanità pubblica. Le associazioni invitano anche a condividere i dati delle positive esperienze italiane nella revisione critica della cannabis in seno al comitato di esperti dell’Oms, prevista per maggio 2018. Infine le associazioni hanno intimato di «smettere di perseguire inutilmente, con grande sforzo di mezzi e scarso senso umanitario, i malati che per necessità sopperiscano alle loro esigenze terapeutiche scegliendo la strada dell’auto-coltivazione invece che rivolgersi al mercato illegale».

Un’azienda canadese, Aurora Cannabis Inc, tramite la sua sussidiaria tedesca Pedanios si è aggiudicata la settimana scorsa tutti i lotti della fornitura da 100 kg di cannabis destinati all’Istituto Chimico Farmaceutico di Firenze. Ma anche questi 100 kg non basteranno per rispondere ad una domanda di cura che, trascinata dalle evidenze scientifiche, è aumentata esponenzialmente da quando nel 2007 la Ministra Turco aprì la porta alla cannabis terapeutica in Italia.

Alcune voci di ambienti bene informati fanno sapere che le prime scorte arriveranno a fine mese. Ma le ricette in attesa sono migliaia, molte ormai scadute per mancanza di disponibilità. Si rischierà di assistere alla guerra tra poveri, migliaia di persone che dovranno contendersi qualche grammo di cannabis per assicurare il proprio diritto alla cura. Difficilmente si riuscirà a coprire l’intera domanda arretrata ed è probabile che in poche settimane ci si ritrovi daccapo. Le lettere e gli appelli dei pazienti sono caduti nel vuoto, mentre solo le diffide sembrano aver avuto qualche effetto isolato. C’è chi pensa a gesti di disobbedienza civile, chi programma viaggi all’estero, chi si rivolge allo spacciatore, chi pianta un seme. Vinceranno i pazienti sulla miopia della burocrazia ed il silenzio della politica?

La lettera delle associazioni è su fuoriluogo.it