La Giamaica è il paese dei Caraibi in cui il movimento di riforma della politica delle droghe si è fatto più sentire e che ha anche la cultura più radicata del consumo di cannabis. E’ inoltre il più grande stato di lingua inglese per numero di abitanti e perciò ha molta più capacità politica per progettare politiche e per implementare normative. La Giamaica ha dunque un ruolo leader nell’area, ma deve anche rispettare la sovranità degli altri paesi del Commonwealth. Negli anni recenti, Belize, Antigua e Barbuda hanno spinto a livello nazionale per riformare la politica della cannabis, depenalizzando fra l’altro l’uso personale.

Nei Caraibi vige una situazione illogica, dove un atteggiamento sociale verso la cannabis molto tollerante con consumi diffusi si confronta sistemi legali che, in tutti e tre i paesi, classificano la cannabis come una droga pericolosa e puniscono il consumo con pene carcerarie.

Questa è una delle ragioni che spingono per un coordinamento e una solidarietà a livello della regione e spiega l’importanza della Caribbean Community and Market (Caricom) quale piattaforma istituzionale per l’elaborazione delle politiche.

Da tempo la Giamaica ha tentato le vie del cambiamento. La “Commissione per la Ganja”, presieduta dal professor Barry Chevannes, ha avanzato una serie di proposte di riforma, rimaste però nel cassetto per l’obiezione dell’ambasciatore americano. Nuove possibilità si sono aperte dopo il meeting di Cartagena del 2012 dell’Organizzazione degli Stati Americani e i successivi rapporti sulle droghe che hanno indicato nuove opzioni politiche. Al contempo, le novità emerse negli Stati Uniti e in Canada hanno aperto spazi e la Giamaica è stata la prima a sfruttarli.

Nel 2015 infatti, le norme del Dangerous Drug Act sono state modificate, depenalizzando il possesso di cannabis fino a due once (punibile solo con una multa); legalizzando la coltivazione fino a cinque piante; creando una Cannabis License Authority per regolare l’industria a fini medici e scientifici.
Il Caricom dal canto suo ha installato una commissione “per condurre una rigorosa inchiesta sulle questioni sociali, economiche, sanitarie e legali concernenti l’uso di marijuana nei Caraibi e per stabilire se debba esserci un cambiamento nell’attuale classificazione della sostanza, in modo da renderla più accessibile per tutti i tipi di consumo (religioso, ricreativo, medico e a scopo di ricerca)”.

Il rapporto finale della commissione è appena uscito. Come si legge in uno dei passaggi chiave, le leggi vigenti sulla marijuana sono da considerarsi “inefficaci, discriminatorie, profondamente ingiuste, inadatte allo scopo; violano i diritti umani e mancano di legittimità”. Inoltre, “la proibizione impedisce alla regione di trarre vantaggio dalle opportunità economiche dell’industria della cannabis”.

In conclusione, “la Commissione ritiene che l’obiettivo finale debba essere lo smantellamento totale della proibizione, per sostituirla con una cornice normativa ben definita, simile a quella per l’alcol e il tabacco…”. Tuttavia si riconosce che le modifiche legislative possono prendere molte forme, in conformità alle realtà nazionali e che “le riforme legislative non debbano seguire un modello di liberalizzazione laissez faire, ma procedere dentro un sistema responsabile e soggetto a controlli”.

Da un lato la sola riforma della cannabis medica è giudicata insufficiente, dall’altro “la Commissione non ritiene che la legalizzazione totale non sia un’opzione plausibile per il Caricom in questa congiuntura”. Al momento, si raccomandano perciò riforme progressive, quali una serie di passi verso la depenalizzazione e per l’accesso alla marijuana terapeutica, con un’attenzione ai piccoli coltivatori.

La versione integrale in inglese e in italiano e il volume “La Ganja nei Caraibi” di cui Axel Klein è coautore sono disponibili su Fuoriluogo.it.