Ieri la Camera ha approvato il «preside-manager» con 214 voti a favore e 100 contrari. Nell’articolo 9 del ddl Scuola al voto in queste ore è previsto che il dirigente scolastico conferisce gli incarichi ai docenti di ruolo su base territoriali renda noti eventuali «rapporti di parentela o affinità entro il secondo grado con i docenti iscritti nel relativo ambito territoriale». Una formulazione che traduce il sospetto, più che concreto, che il preside-manager costruisca attorno a sé una rete di clientele. «Non ci sarà nessun preside-padrone ma dirigente responsabile e valutato» ha scritto su twitter la ministra Giannini. Al preside sono stati attribuiti i poteri di usare i professori in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati, sempre a condizione che posseggano i titoli e le competenze necessarie. In altre parole, i docenti potranno essere usati come «tappabuchi» in una o più scuole, in base al piano formativo triennale. La scelta dei docenti è del dirigente scolastico, e questa decisione conferma tutte le ragioni della protesta contro il Ddl. I docenti potranno inviare la propria candidatura, candidandosi ad una posizione, proprio come si fa per i bandi, o in una selezione di personale per un’azienda. Al dirigente tocca proporre gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento e valuterà tra le altre proposte. Nel caso, invece, in cui il docente abbia ricevuto più proposte, c’è l’obbligo di accettarne una. L’Ufficio scolastico regionale provvede ad assegnare il docente d’ufficio quando la situazione resta ferma. Chi non riceverà proposte sarà collocato d’autorità, in base alle esigenze degli istituti, non quelle della persona. La norma simbolo del Ddl Renzi-Giannini-Pd è a un passo dall’essere realtà.