Le elezioni europee sono un’occasione decisiva per affrontare la crisi e delineare un’alternativa che non può che essere a livello continentale. Oggi, a sinistra, si riapre una discussione. Ma a sinistra siamo capaci di trasformare le buone occasioni in disastri. In genere lo facciamo per rigidità e spinte auto-conservative.

Serve un fatto nuovo, un’iniziativa per un cambiamento radicale delle politiche e dell’assetto istituzionale europeo che coinvolga trasversalmente le diverse famiglie progressiste e ambientaliste e aspiri a rappresentare ciò che si muove oltre: dalle mobilitazioni sui beni comuni alle campagne per una nuova strada in economia. Questa necessità è al centro dell’incontro che abbiamo proposto oggi a Roma ((alle 18, Sala Fredda, via Buonarroti 12). L’appello lanciato sul manifesto per una lista aperta e plurale che appoggi la candidatura Tsipras è un’opportunità. Ma perché restringere questa proposta nell’adesione a un gruppo parlamentare? Dopo il voto è necessario che si apra un confronto all’interno del Pse, della Gue e dei verdi ma anche tra queste forze sul futuro dell’Europa.

L’antipolitica e il populismo si battono solo se si è in grado di praticare un’alternativa e costruire soggetti politici trasparenti e democratici. Nel 2009 più di due milioni di voti a sinistra del Pd non hanno eletto nessun parlamentare europeo. Nelle scorse elezioni, di fronte a milioni di voti che si spostavano verso l’astensione o il M5S, la sinistra non è stata in grado di intercettare il disagio sociale. L’esperienza di “Cambiare si può” e “Rivoluzione civile” ha mostrato l’esito disastroso di iniziative che, dopo aver raccolto la generosità di tanti e tante, restano prigioniere di piccole competizioni di un ceto politico che non è solo nei partiti ma spesso si autoproclama “società civile”.

Di fronte alla centralità della sfida servirebbe un’innovazione vera, ma arriviamo a questo appuntamento con un grave ritardo. In questi mesi si sono presentate più occasioni di aggregazione, dalla manifestazione “La via maestra” contro i tentativi di manomissione della Costituzione alla manifestazione a piazza Santi Apostoli dopo il voto per la presidenza della repubblica. Iniziative rimaste senza seguito per una mancanza di investimento politico coerente da parte di tutti gli interlocutori coinvolti. Sel, a congresso tra pochi giorni, è al centro di questa difficoltà ma è anche al centro di questa discussione. La sua scelta di tenere insieme un’autonomia politica e culturale della sinistra e una prospettiva di governo di trasformazione è un’intuizione strategica che non abbiamo però praticato. Per troppo tempo non si è esplicitato un confronto trasparente sul nostro ruolo e sulla qualità della nostra vita democratica. Così, all’apparente unanimismo attorno al documento nazionale ha corrisposto una discussione opaca, una posizione ondivaga, un deficit di iniziativa politica.

La «profonda sintonia» tra Renzi e Berlusconi su una legge elettorale che garantisca l’autosufficienza di Pd e Forza Italia rispetto agli alleati conferma la veltroniana “vocazione maggioritaria”, all’autosufficienza, rimuovendo dal proprio orizzonte la prospettiva di una coalizione aperta e plurale. Il rilancio di una autonomia politica e culturale della sinistra e la costruzione di una coalizione di governo trasformatrice sono due obiettivi oggi inscindibili. Sel da sola non basta, deve farsi promotrice di un processo più largo che non sia sommatoria di frammenti di ceto politico. Per riuscirci deve cambiare pelle tornando ad essere un corpo vivo, capace di produrre relazioni con la società.