Il comunicato è stringato, ma lascia bene intendere che nel governo qualcosa potrebbe essere cambiato nei confronti di Annamaria Cancellieri. «La fiducia al ministro della Giustizia resta. Se interverranno elementi di novità si valuteranno con attenzione», recitava ieri mattina una nota di palazzo Chigi. Poche parole, dettate più che altro dalla necessità di rispondere a quanto scritto sempre ieri dal Financial Times che, citando fonti governative, annunciava come possibili le dimissioni della Guardasigilli prima della discussione della mozione di sfiducia presentata dal M5S contro di lei, prevista per domani mattina alla Camera.
Parole dovute dunque, ma che assumono un significato diverso rispetto ai giorni scorsi a causa di quella piccola specifica in fondo alla frase, quando si rimanda ogni ulteriore decisione alla possibilità che intervengano delle «novità». Segno che la fiducia garantita fino a oggi da Letta alla titolare del Giustizia, in futuro potrebbe essere meno blindata.
Sono due le novità a cui palazzo Chigi fa riferimento, pur senza nominarle mai. La prima riguarda la procura di Torino, almeno fino a quando, al termine di un vertice con i magistrati titolari dell’inchiesta Fonsai, è lo stesso procuratore capo Giancarlo Caselli a dire che il ministro Cancellieri non è indagato, anche se gli atti relativi ai tabulati con le sue conversazioni con Antonino Ligresti fanno parte di un fascicolo – che non riporta indagati – che verrà inviato per competenza alla procura di Roma.
Un gesto apprezzato da Giorgio Napolitano, che fino a oggi non ha mai mancato di far sentire il suo sostegno al ministro. Al punto da spingersi, come ha fatto in maniera inusuale ieri sera, a far trapelare il suo consenso – da quanto di apprende – per il rigore dimostrato dai magistrati torinesi.
La seconda novità dipende invece dal Pd. Il capogruppo alla Camera Roberto Speranza ha convocato per stasera alle 20,15 la riunione dei deputati proprio per decidere cosa fare con la mozione del M5S. Mozione che entro domani potrebbe moltiplicarsi, passando da una a due. Oltre a quella grillina, infatti, c’è quella preparata dal candidato alla segreteria Pippo Civati in cui si sostiene che ormai non esiste più la serenità sufficiente perché il ministro della Giustizia resti al suo posto. Civati la presenterà ufficialmente stasera chiedendo al gruppo al farla propria e creando così una problema in più per il Pd, diviso anche sul futuro della Guardasigilli. Compatto nell’affermare di non poter votare una mozione presentata da un gruppo di opposizione, il partito di Epifani avrebbe adesso la possibilità di agire in prima persona. Fino a ieri sera, però, Civati non aveva ricevuto grandi risposte. «Se ne stanno tutti acquattati come al solito», dice da Trieste, dove si trova per un dibattito a Trieste. «Io ho sette deputati, gli altri 200, vediamo cosa fanno. Renzi va fortissimi in televisione, ma i suoi si bloccano quando arrivano sulla soglia della Camera».
Il regolamento prevede che per presentare una mozione di sfiducia servono 63 firme. Con Civati finora a Montecitorio si sono schierati Luca Pastorino, Giuseppe Guerini, Paolo Gandolfi, Veronica Tentori, Maria Grazia Rocchi e Sandra Zampa. Pochini. Gli altri cadidati alla segreteria per ora tergiversano. Tutti, da Matteo Renzi a Gianni Cuperlo e Gianni Pittella hanno chiesto alla Cancellieri di fare un passo indietro e dimettersi, togliendo così il partito dall’imbarazzo di dover decidere. Sulla mozione Civati invece prendono tempo. «Ne parleremo nel gruppo», dice Dario Nardella, deputato vicinissimo al sindaco di Firenze. «Del resto mi aspetto che Epifani, da segretario di partito, dia un’indicazione, ed è giusto che che il gruppo ne discuta». Rimanda ogni decisione alla discussione di questa sera anche Cuperlo, che definisce l’iniziativa di Civati «come un atto di testimonianza isolato».
Intanto contro Annamaria Cancellieri si schiera anche Sel che ha deciso di votare la mozione di sfiducia del M5S. E a sorpresa critiche alla Guardasigilli arrivano anche da Mario Monti che, pur non facendole mancare la sua stima, giudica però «inopportune» alcune sue telefonate.