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Cancellieri all’attacco: «Falso chi mi accusa»

Cancellieri all’attacco: «Falso chi mi accusa»Il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri

Inchiesta Fonsai Oggi il ministro interviene alla Camere per spiegare il suo rapporto con i Ligresti. Sfiducia del M5s, Pd diviso. Letta sarà in aula

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 5 novembre 2013

Quella che oggi Anna Maria Cancellieri presenterà prima al Senato e poi alla Camera sarà una difesa fatta tutta all’attacco. A partire dalla coreografia che farà da sfondo all’intervento del ministro della Giustizia sui suoi rapporti con la famiglia Ligresti. Seduti accanto a lei Cancellieri avrà infatti molti esponenti di governo, a partire dal premier Enrico Letta che già nei giorni scorsi le ha più volte ribadito al sua piena fiducia. Ma anche i ministro degli Esteri Emma Bonino, che l’ha avuta ospite sabato al congresso dei radicali a Chianciano, quello della Difesa Mario Mauro e quello per gli Affari regionali Graziano Delrio, senza contare i ministri del Pdl già schierati in sua difesa. A testimonianza di come l’esecutivo – a partire proprio da Letta – non intenda permettere in nessun modo che il «caso Cancellieri» possa trasformarsi in una trappola per la sua stessa sopravvivenza. E come se non bastasse, Cancellieri sa di poter contare anche sull’appoggio – non espresso ufficialmente ma ben presente – del Quirinale.
Sarà anche per questo che da Strasburgo, dove si trova per illustrare all’Europa proprio il piano italiano per fronteggiare l’emergenza carceri, Cancellieri sceglie di alzare ulteriormente i toni rispetto ai giorni scorsi. «Non sarò mai un ministro dimezzato, chi mi accusa è falso o ignorante», dice riferendosi a quanti hanno riferito di un suo intervento con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per far scarcerare Giulia Ligresti.«Non mi sono mai occupata di scarcerazione, è una falsità, non ho mai fatto nulla che non sia un mio preciso compito». Ci tiene a difendere il suo operato, a fare chiarezza. Ribadisce di essere «interessata solo a che la verità emerga, poi se la politica fa la sua strada la faccia, ma non strumentalizzando me». E assicura di essere pronta a lasciare, nel caso dovesse servire: «Se il Paese me lo chiederà farò un passo indietro, ma certe cose vanno chiarite punto su punto».
Punto su punto. Sono tre quelli sui quali il ministro dovrebbe intervenire per fare chiarezza, ma uno forse è già saltato: quello che riguarda il rapporto di lavoro intercorso tra suo figlio Piergiorgio Peluso e i Ligresti, un anno come direttore generale in Fonsai conclusosi con una liquidazione da 3 milioni 600 mila euro. Su questo oggi il ministro potrebbe non fare parola: «Non ritengo che mio figlio c’entri molto in questa vicenda quindi non so se farò un accenno nell’informativa in aula», spiega in serata da Strasburgo.
Restano gli altri due. Che sono la telefonata con cui, il 17 luglio scorso, a poche ore dagli arresti dei Ligresti, chiama la sua amica Gabriella Fragni, compagna dell’ingegnere, esprimendole solidarietà e mettendosi a disposizione. «Qualsiasi cosa possa fare, conta su di me», dice. E poi la seconda telefonata, avvenuta un mese dopo, il 18 agosto, quando Antonino Ligresti, fratello di Salvatore, le chiede di intervenire perché preoccupato per la salute della nipote Giulia.
Sul primo colloquio, Cancellieri ha spiegato che l’offerta di aiuto è stata fatta solo dal punto di vista umano. «Non ho mai pensato di fare qualcosa in virtù della mia funzione». Ma è proprio quello che invece oggi le viene rimproverato. E che si sarebbe concretizzato nella concessione degli arresti domiciliari a Giulia Ligresti. Il ministro nega qualunque intervento ad personam, e anche oggi ribadirà di essersi spesa per almeno altre 110 casi simili a quello di Giulia. «Non ho mai negato di essere molto amica di Antonino Ligresti da 30 anni, è un amico di famiglia. C’è poi un’altra cosa da chiarire: è mai successo qualcosa in tanti anni della mia vita per cui si possa dire che sia venuta meno ai miei compiti per un mio amico? Non lo farei per un amico, neppure per un amico fraterno o per un fratello». Guardiamo ai fatti: per quelli voglio essere valutata, non per le ombre».
Ieri il M5S, che ha già chiesto le dimissioni della Cancellieri, ha presentato solo alla Camera la mozione di sfiducia nei suoi confronti, il che significa che al Senato la discussione dovrebbe svolgersi abbastanza velocemente. Non è detto però che sarà senza traumi per il Pd. I democratici sono infatti divisi sul comportamento da tenere nei confronti del ministro. «Meno indignazione e più chiarezza», chiede il renziano Paolo Gentiloni, dimostrando di non apprezzare le parole della Cancellieri. E per le dimissioni si è espresso il candidato alla segreteria Pippo Civati che anche accusato il Pd si avere mostrato troppi imbarazzi nell’affrontare la questione. Critiche a Cancellieri anche da Gianni Cuperlo, anche lui candidato alla segreteria. «Rimane l’amaro in bocca – dice – per il sospetto che nel nostro paese le garanzie non siano uguali per tutti e non siano indipendenti dal cognome che portano i cittadini». Un atteggiamento diverso da quello di Guglielmo Epifani, che preferisce prima sentire il ministro: «Ascolteremo e valuteremo», dice il segretario, che però concede alla Cancellieri un’ampia fiducia. «La conosciamo da tanto anni. Ovunque ha lavorato lo ha sempre fatto con serietà e bene». Ascoltare prima di giudicare è anche la linea scelta da Sel, ma nel partito di Vendola sono in molti a vedere di buon occhio il lavoro svolto fino a oggi dalla Cancellieri al ministero della Giustizia. Sottolineando perdipiù come il problema non sia il caso Ligresti in sé, ma le condizioni generali delle carceri. Pdl e Scelta civica, infine, sono schierati in difesa del ministro.

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