«Sul numero effettivo dei posti letto disponibili in carcere ci siamo sbagliati, aveva ragione Antigone: sono meno di quelli fin qui stimati». E – secondo errore – anche sulla condizione di illegalità in cui versa tutto il sistema penitenziario e penale italiano c’è stata un’incredibile sottovalutazione da parte dei precedenti ministeri di Giustizia: «Per trent’anni abbiano pensato che le cose si sistemassero da sole».

L’apprezzabile mea culpa del governo – primo nel suo genere – arriva per bocca della ministra Annamaria Cancellieri che, intervenendo al convegno organizzato dall’Università Roma Tre e dalle associazioni Antigone, Progetto diritti e Open society foundation per parlare di «Carcere, immigrazione e diritti umani nello spazio costituzionale europeo» (prosegue questa mattina), assume su di sé la responsabilità istituzionale di un percorso storico sbagliato, che è costato all’Italia la condanna della Corte europea dei diritti umani.

«Ho un debito verso Antigone: avete ragione voi, questa storia dei posti letto è tutta vera». La Guardasigilli finalmente adotta i dati forniti dall’associazione sui posti letto regolamentari nei 206 istituti di pena italiani: sono 37 mila e non 47.615 come sostiene il Dap. Perché, spiega Cancellieri, «alcuni posti sono inutilizzabili per vetustà delle strutture, e allora si determina una discrepanza tra i dati ufficiali e quelli reali». «Quindi, con i 63.758 detenuti attuali, il tasso di sovraffollamento ha raggiunto il 175% e non il 136%, come calcola l’amministrazione penitenziaria – spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – Rischiamo di essere il peggiore tra i paesi del Consiglio d’Europa, visto che la Grecia si ferma a un tasso del 136,5% e la Francia al 113,2%, mentre la Germania ha meno detenuti che posti letto». E pensare che ogni recluso costa al giorno 123,78 euro di cui 101,69 per costi di personale e solo 9,26 euro spesi per i pasti, i vestiti, l’igiene e tutte le attività di vita dei reclusi.

Una condizione inaccettabile che viola i diritti e mortifica la dignità umana «unico valore non bilanciabile, intangibile, irrinunciabile perfino più del diritto alla vita», come ha spiegato il presidente della Corte costituzionale Gaetano Silvestri intervenuto al convegno.

E il tempo stringe: per effetto della sentenza Torreggiani, a fine maggio 2014 il governo dovrà dimostrare all’Europa di aver intrapreso la via delle riforme «strutturali» per risolvere il problema.

Solo pochi giorni dopo l’Italia sarà chiamata al semestre di presidenza del Consiglio europeo. Mentre ad aprile prossimo ci sono altre due scadenze imposte da leggi italiane: la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari e l’adempimento degli obblighi imposti dal Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura ratificato dal governo Monti nell’aprile 2013. «A breve –ricorda ancora Gonnella – si dovrà rivedere anche tutto il sistema di misure alternative al carcere, perché così impone la legge Severino».

Nodi a cui la ministra Cancellieri, che domani sarà ascoltata in commissione Giustizia alla Camera, sta lavorando: «Certo, a maggio non avremo risolto tutti i problemi, nemmeno se fossimo Maga Magò ci riusciremmo, ma stiamo affrontandoli con grande determinazione, a 360 gradi. Abbiamo avviato una grande sfida, che è anche culturale, e a maggio avremo dato almeno un segnale forte di inversione di tendenza». Ma, riconosce Cancellieri, «dobbiamo ringraziare l’Europa che ci ha fatto sbattere la faccia – noi che siamo il paese di Cesare Beccaria – di fronte al problema, e ci riporta alla nostra coscienza».

«Cos’è Maga Magò? Forse l’amnistia?», scherza Marco Ruotolo, docente di Diritto penitenziario di Roma Tre. Ma sui provvedimenti di clemenza Cancellieri tace. Malgrado anche ieri Schifani sia tornato a insistere sul punto ritenendo «inammissibile che in uno Stato di diritto si parli di leggi contra personam», per la ministra l’amnistia è proprio l’ultima ratio.