C’erano circa 6.000/7.000 persone, accorse da tutta Italia, sabato a Pisa per ribadire il diritto all’autoproduzione di cannabis e al consumo consapevole di qualsiasi sostanza stupefacente.

Questo è il 15esimo anno di Canapisa, manifestazione nazionale antiproibizionista, la seconda edizione dopo la cancellazione per incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi, tra le più rigide e illiberali norme in materia d’Europa, che negli anni in cui è stata in vigore aveva portato gli organizzatori di questa e di altri eventi analoghi a rischiare la denuncia per istigazione al consumo.

Migliaia di persone, nonostante la pioggia caduta per le prime ore, hanno ballato al ritmo di diversi generi musicali (dalla reggae al dub, passando per la breakbeat, la techno e la goa trance), suonati da 6 diversi carri sui quali erano state montate numerose scenografie, come maxi riproduzioni di foglie di marijuana e attrezzi per fumarla.

Anche quest’anno non sono mancate polemiche, interrogazioni parlamentari, raccolte di firme contro e prescrizioni imposte dalle forze dell’ordine per una manifestazione che come tutte le altre esercita soltanto un diritto sancito dalla nostra Costituzione, su un tema che riguarda peraltro milioni di persone.

[do action=”quote” autore=”Dati Emcdda”]L’Italia è prima in Europa per consumo di cannabis (14,3%)[/do]

L’Italia, va ricordato, è prima in Europa per consumo di cannabis (14,3%), terza per quello di cocaina (7%) nella fascia 15-64 anni, secondo i dati dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Emcdda).

La particolarità di Canapisa è l’essere tra le poche manifestazioni antiproibizioniste su tutte le sostanze: «Il proibizionismo non vince mai – spiegano gli organizzatori – perché se proibiamo l’eroina, la gente si farà la colla o la benzina.

Allora cosa facciamo, vietiamo tutto?

Certo che no, la strada deve quindi essere quella del consumo consapevole e della riduzione di danni e rischi». Negli ultimi due anni, gli organizzatori di Canapisa, che nasce dall’associazione di due componenti, un collettivo antiproibizionista e uno antipsichiatrico, hanno somministrato una serie di questionari ai partecipanti.

«Come già dimostrato da altri studi è venuto fuori che il consumo problematico è soltanto una piccolissima percentuale, rispetto all’utilizzo di sostanze che si fa in Italia, alcol e psicofarmaci compresi, in quanto la maggiorparte delle persone ha imparato ad assumere sostanze consapevolmente», spiegano ancora gli organizzatori di Canapisa.

«Altri due punti su cui spingiamo molto sono proprio la conoscenza delle sostanze e l’assunzione consapevole. Bisogna imparare a conoscere ciò che ci fa male, perché certe sostanze vanno ad esempio assunte in certi momenti, in certe circostanze, con un setting e la gente giusta, se proprio uno vuole provarle.

Analizzando prima di assumerla, la sostanza che si vuole prendere. In Italia non è mai stato regolamentato e adottato il pill test, ma noi lo sosteniamo da sempre, facendolo fare gratuitamente al Lab57 di Bologna».

IMG_4737

Canapisa si conferma una manifestazione molto attenta su questo punto. Su tutti i carri l’acqua è gratuita, mentre girano costantemente gli operatori di diversi servizi di riduzione del danno, fatto da persone appositamente formate.

Alcune di queste, essendo a loro volta consumatori, conoscono bene le droghe, il loro effetto o abuso e possono così aiutare quelli problematici o semplicemente in momentanea difficoltà. «Altra istanza di Canapisa – ricordano gli organizzatori – è l’autoproduzione, il diritto a poter coltivare una pianta, assieme all’autorganizzazione visto come unica soluzione al problema».

Oltre a chiedere la liberalizzazione della coltivazione della canapa, che a loro dire «non deve diventare un monopolio dello Stato, come già avvenuto in diverse nazioni, ma va trattata come un bene comune», puntano molto anche sull’informazione, «perché è chiaro che qualcuno con la canapa “sbarella”, come succede ad altri con il caffé o l’alcol».

Ritengono inoltre che «la liceità, la legalità o illegalità delle droghe non è affatto scientifica ma ha dei criteri economici e di controllo sociale».

E qui arriviamo al collettivo antipsichiatrico, che a Pisa lavora in sinergia con quello antiproibizionista: «C’è un’enorme contraddizione – spiegano gli animatori di questo gruppo – fra la legalità e l’illegalità di alcune sostanze. Questa inevitabilmente porta a vedere che, ad esempio nei trattamenti sanitari obbligatori vengono somministrati dei cocktail di farmaci molto più dannosi rispetto alle droghe illegali, micidiali perché danno dipendenza creando a lungo termine grandi danni alla salute. Secondo gli psichiatri queste persone sono malate come i diabetici e devono quindi prendere questi farmaci a vita. Ma stiamo scherzando? Così si rovina un sacco di gente. È inutile curare i sintomi con delle droghe, bisogna andare alle cause, spesso sociali o legate al consumismo».

La street parade, partita alle 16 dal piazzale della stazione, si è conclusa alle ore 24 in una grande piazza situata di fianco all’istituto penitenziario “Don Bosco” di Pisa.

«Il significato di arrivare sotto il carcere è diventato attuale proprio in seguito all’approvazione della Fini-Giovanardi – ricordano ancora gli organizzatori – visto che circa il 40% dei detenuti e la metà degli stranieri sono dietro le sbarre per reati legati alla droga. E questa ci sembra una cosa molto grave. Assieme al fatto che nelle carceri, come in tutte le istituzioni, vengono distribuite droghe legali di ogni tipo».

A livello normativo, anche ora che la legge Fini-Giovanardi non c’è più in quanto dichiarata incostituzionale dalla Consulta, ritengono che «il paradigma della norma precedente tornata in vigore (la Iervolino-Vassalli del lontano 1990, nda) resta lo stesso. È assurdo che il legislatore non prenda in considerazione i consumatori, visto che conoscono le sostanze molto meglio di quelli che fanno le leggi».

Questo assunto ribadisce il «Niente su di noi, senza di noi!», alla base del lungo lavoro che ha portato nel 2014 al varo a Genova della Carta dei diritti delle persone che usano sostanze. Il punto di partenza di quella due giorni era «restituire una dignità a chi troppo spesso è relegato ai margini».

Anche in quel caso, consumatori, attivisti ed esperti, chiedevano «esplicitamente che le politiche sulle droghe in Italia siano finalmente incentrate non più sul proibizionismo ma sulla riduzione del danno».