Un presidio fuori la Camera per cominciare a rompere l’assuefazione alle stragi del Mediterraneo, per dire basta alle ipocrisie istituzionali e fare proposte concrete al governo Renzi su accoglienza e gestione dei flussi migratori. Per ribadire prima di tutto che «parliamo di persone e non di numeri. Di migliaia di vite umane in gioco e non di risorse economiche», sottolinea Grazia Naletto di Lunaria. Con l’Arci e la Cgil ha manifestato ieri quel mondo dell’associazionismo e del terzo settore ogni giorno in prima fila nel contrastare i nefasti effetti delle politiche della «fortezza Europa». In piazza, tra tanti cartelli, le riproduzioni della vignetta di Mauro Biani del manifesto che rappresenta un uomo che cammina sulle acque piene di cadaveri recitando: «Forse siamo in attesa di un miracolo».
«Quello che abbiamo messo in piazza oggi è il minimo dal punto di vista etico e politico – spiega Mario Soldini, responsabile nazionale immigrazione della Cgil – Sembra che morti e naufragi siano inevitabili e a ogni barcone che arriva scopriamo una nuova emergenza ma non è così: i flussi migratori in atto sono facilmente prevedibili, si può decidere di governarli con un canale umanitario e in sicurezza, con politiche stabili e non emergenziali anche per quanto riguarda l’accoglienza, oppure con i respingimenti». Soldini chiede poi che al posto delle navi di Frontex, la missione militare made in Eu di pattugliamento del Mediterraneo a caccia di barconi carichi di migranti, «ci siano navi sotto l’egida Onu che invece di respingere facciano da ponte».
In piazza interviene anche il parlamentare democratico Khalid Chaouki, più ottimista sull’operato dal governo: «Il semestre di presidenza Ue dell’Italia sarà determinante anche sul tema immigrazione – dice – c’è un’ampia convergenza con altri partner europei per trasformare Frontex e rafforzarla, ma soprattutto per chiedere all’Onu di aprire campi per accogliere profughi e richiedenti asilo nei paesi di partenza, permettendo così l’apertura di canali umanitari. Penso alla Libia in primis ma anche a paesi come la Nigeria». Chaouki, che lo scorso dicembre per denunciare le condizioni di vita dei migranti nei Cie si era chiuso in quello di Lampedusa, ha annunciato «l’avvio da settembre di una commissione d’inchiesta sulle condizioni di vita nei Cie e nei Cara di tutto il paese».
Grazia Naletto mette l’accento poi sulla necessità «di riformare radicalmente le modalità di accoglienza, a cominciare dalla direttiva europea di Dublino III che obbliga i migranti a rimanere nel paese dove fanno la domanda d’asilo. Dobbiamo permettere invece la libera circolazione dei ‘dubilinanti’, bilanciando così anche lo squilibrio tra i paesi di frontiera e quelli del Nord del continente». Anche Claudio Graziano, Arci Immigrazione, parla dei deficit del nostro sistema d’accoglienza «che va di emergenza in emergenza, mentre nel nostro paese al momento transita o rimane un numero di migranti il cui numero è perfettamente gestibile. Quello che manca è sopratutto un piano nazionale che stabilisca meccanismi e risorse stabili, che guardi all’accoglienza non solo appena i migranti arrivano, ma che gli accompagni in un percorso di piena acquisizione dei diritti e della realizzazione di una vita degna nel nostro paese».