Il Direttivo della «spaccatura» in Cgil si conclude con i pro-Colla che ritirano il documento di sfida alla segreteria guidata da Susanna Camusso. E con il segretario generale che accetta di non andare al voto in cambio di una abiura esplicita da parte degli sfidanti: «Non proponevamo qualsivoglia forma di sfiducia al segretario generale, Susanna Camusso». In cambio il Direttivo stesso è stato aggiornato, probabilmente al 4 novembre, quando ripartirà la discussione sulla proposta di elezione di Maurizio Landini a segretario generale.

La candidatura di Landini dunque esce rafforzata e la minoranza che voleva sfidare Camusso (e la sua scelta del successore) ha dimostrato di non avere i numeri nel parlamentino Cgil.

Si chiude così, senza un voto e senza spaccature conclamate, una lunga giornata. A Corso Italia non si era mai vista tanta gente e tanta tensione. Si parte verso le 11 ma il punto sulla scelta del segretario generale viene discusso solo dopo le 14. La relazione di Susanna Camusso mette subito in chiaro che da parte sua non ci sarà quella «retromarcia» voluta dai pro-Colla.

Camusso ha ripercorso gli ultimi anni e ha rivendicato come pienamente legittimo il percorso di ascolto che ha portato alla scelta di Landini. Ha rivendicato l’idea di «costruire unità» portata avanti dal 2016. E in questo solco arriva la scelta di quello che fino al 2014 era stato il suo avversario principale. Una scelta ribadita anche davanti al parlamentino della Cgil: «Si individua in Maurizio Landini il compagno» che «più risponde al profilo di attuazione del progetto nella visione collegiale in un forte radicamento partecipativo e riconoscimento tra lavoratori e pensionati, con l’attenzione ai giovani e ai nuovi terreni di insediamento».

E rispondendo ai tanti che hanno fatto paragoni storici con Trentin e Lama, ha risposto puntuta: «Forse invece di scomodare ai fini della polemica interna i padri delle nostra Cgil, dovremmo discutere apertamente della Cgil e del suo futuro».

Attaccando frontalmente la candidatura Colla: «Invece pesa un perenne silenzio sulle modalità e le ragioni con cui parte di noi ha scelto di costruire una candidatura occulta ma di dominio pubblico e sulla stessa si svolge una vera e propria campagna elettorale, che ricorda più un’area che non una discussione collegiale». E ancora: «La battaglia politica, questo mi ha insegnato la Cgil, si fa a viso aperto, con rispetto, assumendosi le responsabilità».

Dopo Camusso è intervenuto Roberto Ghiselli, unico segretario confederale contrario a Landini, insieme a Colla. La scelta non è parsa felicissima: facendo parlare un membro della segreteria con contro-relazione la cordata pro-Colla ha implicitamente legittimato la scelta della segreteria – e dunque del gruppo dirigente – nell’individuare Landini come successore di Camusso.

L’ordine del giorno poi presentato è frutto comunque di un’ulteriore mediazione, portata avanti dai pontieri, in primis dai pensionati dallo Spi. Invece di una rottura e di una sfiducia immediata a Camusso, si chiede di rimandare la conta all’Assemblea generale che sarà eletta nel congresso di Bari. Motivando la scelta con la stretta osservanza del punto 6.1.1 dello Statuto (elezioni dei segretari).

Un ordine del giorno presentato da vari segretari di federazione (Genovesi della Fillea, Miceli della Flctem, Solari della Slc e Pedretti dello Spi) e di territori (Azzola del Lazio e Giove dell’Emilia Romagna) per chiedere «di affidare all’assemblea generale come scaturirà dal congresso la scelta della nuova guida della Cgil». Si mette in discussione il merito e il metodo della decisione presa da Camusso come non rispondente al mandato ricevuto il 27 ottobre», il direttivo precedente.

Ma più passano gli interventi e più si capisce che l’odg sarebbe bocciato o a forte rischio. Arriva nel frattempo l’ordine del giorno di sei membri della segreteria (senza Camusso e Landini, ma firmata anche da quel Franco Martini che veniva considerato a metà fra i pro-Landini e i pro-Colla) che rivendica la scelta di Landini: «Riguarda la continuità di direzione ad oggi maturata e, all’interno di essa, la figura del nuovo segretario generale».

A quel punto la minoranza chiede di non mettere al voto entrambi i documenti per evitare la spaccatura. Ma per accordarglielo Camusso impone l’abiura. Che arriva puntualmente. Congelando una spaccatura che comunque è nei fatti. Ma con proporzioni chiare. E a favore di Landini.