No all’ipotesi di salario minimo che il governo sarebbe intenzionato a istituire in uno dei prossimi decreti attuativi del Jobs Act. Le segretarie generali di Cgil e Cisl, Susanna Camusso e Annamaria Furlan, rispondono così alle indiscrezioni di stampa che tra l’altro fissano l’ipotetica paga oraria in 6,50 – 7 euro, da applicare ai lavoratori non coperti dalla contrattazione.

«Il tema è che da noi il salario è regolato dai contratti nazionali di lavoro. Se tu definisci un salario minimo inferiore a quello minimo contrattuale stai programmando una riduzione dei salari», dice Camusso.

«Meglio far riferimento ai minimi contrattuali fissati dai contratti collettivi – aggiunge Furlan – Sono anche più aderenti ai diversi settori e alle singole qualifiche professionali». «Per difendere l’introduzione del salario minimo in Italia si continua a sostenere che siamo uno tra i pochissimi Paesi avanzati a non avere ancora questo strumento, dopo che la Germania lo ha introdotto lo scorso anno – dice ancora la segretaria della Cisl – Ma si omette di dire che in Italia la situazione sindacale e contrattuale è ben diversa: da noi esiste un sistema di salari minimi fissato dai contratti nazionali che copre circa l’80% dei lavoratori italiani, mentre la quota di lavoratori non coperti dai contratti è da ascrivere soprattutto al lavoro autonomo, vero o mascherato».

La strada dunque, sarebbe quella, conclude Furlan, di «ricondurre nell’ambito del lavoro subordinato il lavoro autonomo mascherato».