E se le previsioni della Banca d’Italia sulla crescita non si possono definire certo rosee, ieri il governo Renzi ha subito una pesante “mazzata” anche su un altro fronte, da parte del sindacato. Il fendente è arrivato dalla numero uno della Cgil, Susanna Camusso, certo in passato mai troppo tenera con il premier. Ma ieri – dopo qualche mese in cui aveva mantenuto un low profile– la segretaria ha parlato chiaro: e attenzione, non lo ha fatto stimolata da qualche giornalista, rilasciando veloci battute ai microfoni, ma stilando un comunicato stampa, quasi una sfida lanciata al presidente del consiglio.

«È davvero ora che il governo Renzi rompa gli indugi e agisca per attuare la prima vera riforma che serve all’Italia: difendere e allargare l’occupazione, trovare risorse per investire nel lavoro», dice Camusso. Poi, l’attacco che forse farà più male a Renzi, quando afferma che finora il governo è stato tutto chiacchiere (in tv) e distintivo.

Ecco le parole della segretaria: «Da parte dell’esecutivo è ora di cambiare strategia: bisogna che il presidente del consiglio nelle visite pastorali non porti ai lavoratori delle fabbriche in difficoltà solo parole, televisioni e giornalisti ma provvedimenti, politiche industriali e risorse. Al mondo del lavoro e della produzione serve una maggiore incisività nella difesa e nell’allargamento dei livelli produttivi, dell’occupazione, della capacità competitiva del Paese. Tutto questo non lo vediamo nelle preoccupazioni e nelle azioni di un governo impegnato solo nelle controverse leggi costituzionali e elettorali».

Camusso non manca di riferirsi anche agli 80 euro, il famoso provvedimento che aveva conquistato il sindacato e assicurato qualche mese di sostanziale pace sociale: «Anche gli 80 euro, che abbiamo salutato con interesse – dice la leader della Cgil – se restano l’unica politica del governo per contrastare la crisi, non avranno efficacia».

Poi il riferimento alle tante crisi industriali: «Oggi (ieri, ndr) hanno scioperato i lavoratori dell’Ast di Terni, contro la decisione della ThyssenKrupp di ridurre i volumi produttivi e per chiedere al governo un piano siderurgico nazionale. Ma non c’è solo Terni, ci sono anche l’Ilva e Piombino, a risentire dell’inerzia e della sottovalutazione della crisi industriale, della deindustrializzazione, della quotidiana spoliazione del capitale umano, tecnologico e manifatturiero, che sta compiendo il governo Renzi».

«Non passa giorno senza assistere alla chiusura di aziende grandi e piccole – continua Camusso – Nelle stesse aziende a controllo pubblico, come l’Eni, si scelgono strade di deindustrializzazione invece che di investimento, espansione e internalizzazione: come alla raffineria di Gela. E nei settori metalmeccanico, tessile, costruzioni, chimico, non passa giorno che il sindacato si debba confrontare con la dura realtà di chiusure e la messa in libertà di lavoratori, senza poter garantire gli strumenti» per attutire l’impatto della crisi. «Infatti, ancora mancano le risorse necessarie alla copertura degli ammortizzatori sociali e il governo si limita a denunciare la situazione, quasi che fossero altri a dover provvedere». «È una situazione diventata insostenibile che non può più continuare», conclude la segretaria della Cgil.