Torna ad infiammarsi lo scontro tra la Cgil e il governo, e tra i due contendenti Renzi-Landini, nonostante le frizioni di sempre, Susanna Camusso alla fine sceglie il compagno della Fiom. La segretaria della Cgil ha rispolverato per l’occasione una formula che aveva già esibiito al congresso di maggio, la «torsione democratica», attribuendola all’azione del premier nei confronti del Parlamento e dei sindacati in tutta la gestione della vicenda Jobs Act: e quindi ha sostanzialmente appoggiato la “versione Landini”, sottolineando che in effetti il presidente del consiglio è «distante dal dettato costituzionale». «È indubbio che c’è una torsione rispetto al rapporto con il Parlamento e l’idea che il potere legislativo sia tutto nel governo e non nel Parlamento», ha spiegato la numero uno della Cgil.

Tutto questo nel corso di un convegno a Roma – «The New Order – Diritti alla contrattazione nell’era del Jobs Act », organizzato dalla Filcams Cgil – iniziativa a cui era invitato anche uno dei fedelissimi di Renzi, il responsabile economico del Pd Filippo Taddei.

E la distanza tras i due impianti, quello della Cgil e quello del Pd – come la distanza Renzi-Costituzione imputata da Camusso – si sente tutto, già a partire dalla nozione di “lavoratore”: «Il lavoratore è un insieme di competenze», dice Taddei. «No, è soprattutto una persona e il problema è proprio costruire le competenze per chi è stato sempre in un mercato del lavoro a ribasso», ribatte Camusso. Intanto la platea a tratti borbotta, in altri momenti applaude.

«La riforma del mercato del lavoro cambia il paradigma e ha l’obiettivo di creare nuovi posti», dice Taddei subito coperto dal brusio della sala. «Non parlare della teoria, parla delle realtà che è diversa», gli ribatte il parterre, chiedendo spiegazioni sul regime dei licenziamenti varato anche per i lavoratori negli appalti: ovvero sul rischio che al cambio commessa si possa perdere anche l’articolo 18, ripartendo da zero con il contratto-“bidone” a tutele crescenti.

Taddei, da bravo politico (renziano), quindi glissa: ripete più volte, come una sorta di mantra, che «non ci si può soffermare solo sul tema dei licenziamenti, ma bisogna guardare all’equilibrio del nuovo mercato del lavoro nel suo complesso e al passaggio da forme precarie di occupazione a rapporti con la massima possibilità di stabilità». Come si fa ad argomentare, dice ancora l’esponente Pd, «che questo è peggio e che il Jobs Act aumenta la fragilità del lavoratore se garantisce la possibilità di maggiori tutele ai quasi 500 mila cocopro?». Senza contare «che è la prima volta che il governo vara incentivi per contratti a tempo indeterminato di questa portata, perché questa è la sua scommessa. Capisco il dissenso ma non si può dire che togliendo il reintegro a favore di un indennizzo si riporta indietro il mercato del lavoro e ci si allontana dall’Europa. Dissentire va bene ma non mistificare. L’unico nemico da temere è il lavoro parasubordinato».

Lavoro parasubordinato che, tra parentesi, non sparirà affatto: è ormai più che noto infatti che i contratti cococò sopravviveranno negli ordini professionali e nel lavoro pubblico. E infatti Camusso replica a testa bassa, tacciando l’esecutivo di fare «propaganda», e negando sempre al “tutele crescenti” il suo nome originario, preferendo invece nominarlo come «contratto a monetizzazione»: «Il nodo vero è che il governo non ha un’idea di quale sia l’orizzonte ma ha solo una disperata voglia di propaganda per poter dire avevo ragione», dice. «Tra 3-4 mesi infatti, ci spiegherà che i contratti a termine hanno avuto uno straordinario successo: certo, solo che si tratterà di un cambio di nome. Laddove si potrà, i contratti di lavoro dipendente saranno trasformati in contratti a tutele crescenti con una riduzione di diritti. Non si tratterà quindi di nuovi posti di lavoro ma solo di una loro sostituzione, di una creazione “al rovescio” di occupazione Senza contare – incalza la segretaria Cgil – che le forme più odiose di precariato sono ancora tutte lì e conosceranno una crescita».

Infine la conferma che la Cgil «presenterà una proposta di legge per un nuovo Statuto dei lavoratori», mentre il referendum «se necessario lo sosterremo anche con delle forme abrogative». E interrogata sull’ipotesi “Landini in politica”, Camusso taglia corto: «Abbiamo avuto una riunione, in cui abbiamo confermato l’impostazione sindacale: noi dobbiamo fare il nostro lavoro di organizzazione sindacale e di rappresentanza dei lavoratori».