Rinvio per Genoa-Torino. Anzi, no. Si decide solo oggi se sarà giocata la partita di campionato, in programma sabato alle 18. Nulla di fatto dal lungo e acceso consiglio straordinario di Lega. Posizioni discordanti nonostante la positività multipla al Covid-19 dei calciatori (11, oltre a tre membri dello staff tecnico, test ripetuti ieri con stesso esito) del Genoa, emersa prima e poi la sfida dello scorso turno contro il Napoli.

In ballo c’è il rinvio della partita ma soprattutto la definizione della posizione di Lega e Figc sul rispetto della norma Uefa sull’obbligo di scendere in campo per le squadre con almeno 13 calciatori disponibili (con almeno un portiere). Non c’è una norma sul tema in Italia, si tratta di una situazione limite, che rischia di creare un precedente tale da falsare il campionato. Durante la giornata, il presidente del Genoa, Enrico Preziosi, aveva sottolineato l’impossibilità per la sua squadra di scendere in campo contro il Toro, anche se l’Asl di Genova ha concesso agli atleti negativi della squadra ligure di potersi allenare. E solo un po’ di sollievo era arrivato da Napoli, per la negatività della rosa partenopea al primo ciclo di tamponi, necessario dopo la positività di buona parte della rosa del club ligure. Oggi ci sarà il secondo test collettivo per il Napoli, ritenuto decisivo per l’eventuale comparsa del virus negli atleti. Il terzo e ultimo tampone sarà realizzato tra due giorni e dirà se il club di De Laurentiis giocherà contro la Juventus, domenica sera.

Insomma, si è deciso di non decidere, di rifletterci una notte. In precedenza, il ministro dello sport, Vincenzo Spadafora spiegava che il campionato seguirà il suo corso nonostante la positività multipla in casa Genoa. E anche che il protocollo sanitario aggiornato qualche giorno fa, con tamponi obbligatori per gli atleti solo a 48 ore dalla partita e non più ogni quattro giorni, non sarà rivisto, nonostante l’incremento della curva dei contagi emerso negli ultimi giorni.

Dunque, atmosfera tesa, con un campionato in precario equilibrio tra test, la dipendenza dall’invasività del virus e conflitti tra le istituzioni del pallone. E a proposito di conflitti, ieri sono emerse diversità di vedute tra Cinquestelle e Pd. Spadafora prima di entrare in parlamento ieri ha trovato il tempo di respingere categoricamente la posizione della sottosegretaria al ministero della Salute, Sandra Zampa, che a Radio Capital aveva detto che il torneo era da fermare. Parole ritenute «avventate». La sottosegretaria alla Salute aveva detto a Radio Capital che «quando c’è un numero di positivi così alto, non si può che fermare il campionato. I positivi non sono in grado di giocare, e possono contagiare altre persone. Il protocollo è stato sottoscritto anche dalla Federazione calcio. E nessuno al momento sta facendo pressioni su di noi».

Frasi successivamente riviste dalla stesse sottosegretaria: «Nel corso della mia intervista a Radio Capital ho detto che, in base al protocollo sottoscritto dalla Figc, i giocatori positivi al Covid-19 non possono giocare fino a quando non risulteranno negativi al tampone. Questo non significa che la Serie A vada sospesa. Saranno poi la Figc e le società calcistiche a decidere sui destini del massimo campionato: se facendo recuperare partite alle squadre che non potranno giocare o mettendo in campo eventuali riserve».

Non è il primo siparietto tra i dicasteri di Sport e Salute. Nei giorni scorsi il ministro Roberto Speranza si era detto contrario all’ipotesi – sostenuta da Spadafora – della riapertura degli stadi all’aperto sino al 25% della capienza degli impianti, sottolineando che la scuola fosse la priorità assoluta in questo momento, piuttosto che le partite di campionato aperte al pubblico. Una posizione poi condivisa dal Comitato Tecnico Scientifico e dal Governo, con il limite confermato a mille spettatori.