L’articolo 5 della legge di Bilancio regionale è stato stralciato ieri mattina e rimandato in commissione: il sistema pensionistico contributivo per consiglieri e assessori campani (che deve entrare in vigore in questa consiliatura) dovrà essere ridiscusso. La norma era stata approvata sabato scorso dalla maggioranza a guida Pd in commissione Bilancio nel silenzio dell’opposizione di centrodestra, sotto la direzione del presidente della commissione Franco Picarone, fedelissimo di Vincenzo De Luca. Scoppiata la polemica per le proteste dei 5S, il governatore è intervenuto martedì sera per censurare l’articolo che però non è stato ritirato fino a ieri mattina. «Il presidente, proprio per questa nuvola che si è sollevata sui media, ha chiesto un approfondimento. Io ero per andare avanti» ha spiegato Picarone. Ma votarlo era diventato impossibile: Fi, Verdi e un pezzo di Pd si sono presentati in aula decisi a prendere le distanze.

«Se non ci fosse stato il M5S tutto sarebbe passato sotto silenzio – il commento di Valeria Ciarambino -. Oltre alla pensione maturata dopo soli 4 anni 6 mesi e 1 giorno di consiliatura, chi già godeva del vitalizio avrebbe aggiunto a quell’assurdo privilegio anche la pensione. Informiamo De Luca che i vitalizi in regione esistono eccome». Nel 2014 la conferenza dei presidenti dei consigli regionali aveva approvato un ordine del giorno per la riduzione dei vitalizi, la Campania non si è adeguata e ogni anno continua a staccare assegni a 250 ex consiglieri per oltre 10 milioni.

Tra gli aventi diritto l’ex ministro socialista Carmelo Conte, parlamentare per 4 legislature, con un vitalizio netto di 1.915 euro al mese. Alfredo Vito (4 volte parlamentare con Dc e Fi) incassa 2.664 euro nonostante abbia patteggiato una condanna a 2 anni per sei episodi di reato contro la Pa e restituito volontariamente 5 miliardi al comune di Napoli. C’è pure Ortensio Zecchino, ex ministro Dc della Ricerca, eurodeputato e per 4 legislature senatore, con 2.335 euro.
E’ stato invece approvato l’articolo 4: stabilisce che la riduzione del 20% delle indennità non si applica ai direttori generali, amministrativi e sanitari delle Asl, un costo aggiuntivo per la regione di circa 1 milione 250mila euro all’anno.

Altra norma che ha fatto insorgere le opposizioni: le nomine dei vertici sanitari sono in capo al governatore grazie a una legge voluta dallo stesso De Luca, che da gennaio dovrebbe diventare commissario alla Sanità grazie all’emendamento passato con legge di bilancio nazionale.