La Campania doveva essere la Florida d’Italia, la regione in grado di trainare il Sì nel Mezzogiorno premiando la leadership del presidente del Consiglio. Il Sud è l’area del paese con la più forte propensione all’astensione e quindi un ampio bacino di voti a cui attingere per Matteo Renzi, saltando la mediazione dei partiti. Il premier si era presentato sei volte in Campania in poco più di un mese, addirittura a Napoli aveva firmato il Patto per la città con l’arcinemico, il sindaco Luigi de Magistris. Nelle mani del governatore Vincenzo De Luca ha messo la sanità campana con un emendamento in legge di Stabilità che ha trascinato Pd e governo nelle polemiche. Neppure l’elenco dei fondi europei è bastato («ne ho dati più a Napoli che ha Firenze»), l’effetto sfondamento di Renzi al Sud non c’è stato.

IN CAMPANIA l’affluenza alle urne è del 58,59%: il record nel beneventano e avellinese sopra il 60%; nel casertano 58,7%, una zona tradizionalmente di destra, grande bacino di voti per il Berlusconi dei tempi d’oro; Napoli e provincia sono al 56,41% con il capoluogo al 53,85%; il salernitano al 62,14% con il capoluogo al 66,89%. Il tandem Renzi-De Luca non ha funzionato. In Campania (1.467 sezioni su 5.826) il Sì è al 30,3% e il No al 69,7%. A Napoli, 663 sezioni su 884, il Sì è al 30,9%, il No al 69,1%. A Salerno i primi dati sono uno choc per il Pd: 32 sezioni su 152, il Sì è sotto al 38,2%. Nel casertano il Sì arriva al 32,47% (83 sezioni scrutinate su 928). Nell’avellinese, terra di Ciriaco De Mita, il Sì è ancora sotto ma perde meno: 107 sezioni su 502, arriva al 40,12%. Nel beneventano (43 su 343) 37,33 per il Sì e 62,67 per il No.
De Luca ha trascinato la campagna referendaria in una lunga serie di polemiche, cominciate con il convegno sul Mezzogiorno e la proposta “elettorale” di 200mila assunzioni al Sud nella Pubblica amministrazione sconfessata dal governo e dallo stesso Renzi.

dentro apertura -VINCENZO-DE

 

E POI LE CRITICHE al codice degli appalti costate la reprimenda di Raffaele Cantone, fino ai commenti su Rosy Bindi («indegna, da uccidere») e l’arringa ai 300 sindaci con l’elogio del clientelismo. Le polemiche sono poi proseguite lo scorso sabato con l’accensione dell’albero di Natale a Salerno, madrina Manuele Arcuri a cui è stato pagato un cachet di 9.150 euro per girare un interruttore. Assessore al Bilancio Roberto De Luca, figlio minore del governatore. Per le luminarie la regione ha stanziato 3mila euro, così le feste a Salerno costano, in proporzione, quanto a New York. Il figlio maggiore di De Luca, Piero, si era invece impegnato nella campagna referendaria come trampolino di lancio per il prossimo parlamento, ma il padre coltiva anche il sogno per il figlio di una poltrona nel governo. La famiglia De Luca da sola al comando non ha pagato.

IL PRIMO AD ANNUNCIARE la vittoria è stato il 5 Stelle partenopeo Roberto Fico: «Felice per la grande partecipazione. L’Italia c’è!» ha commentato dando appuntamento via facebook «agli amici» di Napoli a Port’alba. Gli attivisti di Massa Critica, sul fronte del No, hanno seguito lo spoglio in piazza San Domenico. Via social arriva anche il commento di de Magistris: «Grande vittoria della democrazia. Renzi, lo stalker autoritario, è stato respinto. Lavoreremo e agiremo, con i movimenti popolari, per attuare fino in fondo la più bella Costituzione nata dalla resistenza al nazi-fascismo». In effetti la mobilitazione c’è stata. Ad aprile il referendum sulle trivelle si era fermato in Campania al 26,13%. Nel 2011 per l’acqua pubblica, un tema molto sentito in regione, ci si era fermati al 52,3% con Napoli al 49,3 e Salerno al 59,8%.