Dal telefono arriva un sospiro. Ma profondo. «Pensavo che fosse amore e invece era un calesse». L’amarezza c’è per il senatore Francesco Campanella, cinquantenne siciliano, dipendente della Regione. Nel 2014 critica Beppe Grillo e si ritrova, insieme ad altri tre colleghi senatori, sbattuto fuori dal ’moVimento’. Nel 2015 aderisce a L’Altra Europa che poi però lascia per entrare, nel 2016, in Sinistra italiana. Ora se ne va anche da lì.

Senatore, stavolta qual è il casus belli?

Nessuno. Tanti. Una serie di speranze deluse. L’idea era di fare una formazione desiderabile anche per quella sinistra che ha abbandonato i 5 stelle o che è ancora nei 5 stelle. Aperta e orizzontale. Di sinistra, ma culturalmente plurale.

E invece?

E invece no. Dopo la fase dolorosa del congresso mi aspettavo un cambiamento delle modalità di gestione. E invece Sinistra italiana resta composta dal pezzo vincente di Sel, più qualcuno. Che non so quanto a lungo resisterà.

Insisto. Qual è il problema?

Un gruppo dirigente che ha robuste relazioni interne di vecchia data. Impermeabile. Sostanzialmente un nucleo costituito da quelli che sono usciti da Rifondazione con Vendola. Le decisioni vengono prese in posti che io continuo a ignorare. All’ennesima volta che è andata così, mi sono chiesto: se io, da senatore, non riesco a partecipare, non dico a incidere, quanto può incidere un tesserato, un militante?

Si iscrive a un altro gruppo?

Per ora faccio riflessioni con una serie di compagni, decideremo insieme. Mi piacerebbe lavorare insieme ad altri a connettere la sinistra. Che però, a sinistra, è la cosa più difficile. Ci sono segnali di vitalità che vanno colti cercando reali convergenze e non un avvicinamento solo elettoralistico. Ci sono potenzialità che si possono esprimere quando le persone nei territori troveranno spazio per un protagonismo diffuso. Ma ho fiducia, le nostre strade si rincontreranno.

Guarda verso Art.1, il partito fondato da bersaniani ed ex Sel?

Anche. Ma guardo anche al Coordinamento per la democrazia costituzionale. Mi interessa mettere insieme tutti quelli che cercano una casa a sinistra.

E quella casa non può essere il partito di Fratoianni e Vendola?

No, finché in sostanza resta Sel. Forse cambierà. Ma non posso aspettare e sperare.

Ma il suo è un dissenso politico o cos’altro?

Un dissenso sul metodo. Di massima le posizioni che abbiamo preso in parlamento le condivido. Ma non le pratiche con cui sono state prese. Mi è capitato di essere d’accordo con una scelta, e lo avrei anche detto. Ma non sono mai stato consultato. E se succede a me, figuriamoci a un semplice militante.