Ottocentosessantasei concerti nel mondo, 178 produzioni discografiche e una grande vetrina internazionale. Tutto questo e altro è PugliaSounds, frutto di una scelta politica, considerare la cultura alla stregua di altri settori economici. Altro che «con la cultura non si mangia» come vaticinava l’allora ministro delle finanze Tremonti, con la cultura si supporta un settore potenzialmente ricchissimo. Se in Europa il 2,6 del Pil è indotto dalla cultura, perché non tentare anche da noi? «Perché in Italia – spiega Nicola Conte, l’artista barese forse più internazionale nel Belpaese con i suoi dischi profumati di jazz che si ispirano ai ’60 e ’70 non disdegnando qualche tentazione dance – non si investe, perché si considera la musica, lo spettacolo come una cosa effimera, che non rende. All’estero non accade, nella mia band ho musicisti finlandesi che nel momento in cui vanno all’estero possono accedere a fondi messi a disposizione dallo Stato. E questo accade in Francia, in Irlanda».

Puglia Sounds dimostra quindi come sia possibile investire e guadagnare: «Nella società contemporanea – prosegue Conte – non si può pensare di non supportare la propria cultura. Questo è un assurdo che ci è stato propinato in uno dei momenti più tristi della storia italiana. La cultura e l’arte sono fondamentali perché rappresentano l’unica alternativa a una deriva materialista e di sfruttamento ai fini del profitto».

Puglia Sounds, dal 2010 ad oggi ha cambiato completamente geografia e investimenti: «A livello di struttura non c’era nulla – è Livio Minafra, talento pugliese del jazz, vincitore dei premi Top Jazz nel 2005, 2008 e 2011, a parlare – non c’era la possibilità di promuovere la nostra musica organicamente in quanto Puglia, in quanto Italia». Nessuna distinzione fra generi, né discriminazione: «Basta che la musica sia buona. È questo il fattore determinante. E tutto sempre con la massima trasparenza, attraverso bandi. Così per i dischi, i concerti e l’attività live all’estero». Una vera rivoluzione, ma il ministero della cultura da quell’orecchio non ci sente… : «Si fanno centinaia di domande ma non succede nulla; perché persiste una logica dei finanziamenti a pioggia o mirati, o anche quando meritori sono sempre destinati agli amici degli amici…. È tutto legato alla episodicità, se tutto va bene quando i soldi ci sono».

Il supporto della musica all’estero, la possibilità di uscire dai confini. Se Puglia Sounds ha un merito è anche quello di affiancare l’artista in un progetto di lancio internazionale. «L’inizio di Puglia Sounds in qualche modo coincide con la mia carriera – spiega Erica Mou da Bisceglie, una carriera sospesa tra il pop e la sperimentazione, un disco con la Sugar e un Sanremo nel curriculum – perché ha cominciato ad aiutare il mio progetto subito, proprio mentre io firmavo per l’etichetta di Caterina Caselli. E nonostante sia subentrata questa realtà più importante, più strutturata, Puglia Sounds mi ha supportato, soprattutto durante il tour europeo».

Un contributo fondamentale: «Bisogna considerare che la crisi – sottolinea Erica – ha azzerato contributi e investimenti. Poter uscire fuori dall’Italia, misurarmi con altre realtà mi ha fatto maturare e capire i miei limiti». La crisi ha cambiato radicalmente le carte in tavola, le vendite dell’oggetto disco, drasticamente ridotte, hanno fatto sì che si sentisse più per le major che per le piccole label. PugliaSounds opera in un certo senso come scouting, un compito ormai completamente delegato dalle etichette ai talent tv. Ma non è opera di mero assistenzialismo: «Affatto – spiega Riccardo Laganà, il fondatore dei Kalàshina, band della nuova scena salentina – Il trucco, se di trucco vogliamo parlare, è che bisogna far fruttare il lavoro che si riesce a fare grazie al sostegno di Puglia Sounds. Spiego meglio, un gruppo che ha l’ambizione di muoversi sulla scena internazionale, se ha dei contenuti importanti, può accedere al bando di Puglia Sounds, e magari fare un concerto a Sydney, a New York».

I Sud Sound System, altri alfieri pugliesi, stanno in questi giorni effettuando un tour giamaicano. «Se il progetto è valido – aggiunge Laganà – ci saranno delle conseguenze per queste esibizioni, può succedere – è successo – che la band o il solista, venga richiamato da Sydney per l’anno successivo». La regione – aldilà di Puglia Sounds – è da sempre ricchissima di fermenti musicali: «È perché viviamo in una condizione diversa – sottolinea Laganà – noi del sud in generale e non solo la Puglia, che ci porta a cercare una chiave di lettura alle nostre esistenze. E non solo dal punto di vista artistico, parlo anche in quello tecnologico, nel cinema, delle piccole imprese e delle start up. Ci sono tanti esempi virtuosi, è come se ci fosse della benzina in più da spendere, per cercare di esprimere ognuno una parte migliore di sé».

In questo contesto si è inserito Puglia Sounds: «Che ha rappresentato – sottolinea Michele Lobaccaro, insieme a Nabil Salameh fondatori dei Radiodervish – una sorta di mano pubblica che ha aiutato il mercato discografico». I fondi si esauriscono il 30 giugno, e l’esperienza rischia di spegnersi. Cosa lasciano di concreto questi anni?: «Lasciano sul campo delle persone, artisti e operatori che hanno fatto delle esperienze importanti acquisendo una grandissima professionalità. Perché Puglia Sounds ti dà fino a un certo punto, ti fa camminare sulle tue gambe, ma poi devi metterci del tuo. Una filosofia di vita molto importante».