La guerra che come una faglia separa le regioni del sud-est e nord-ovest del Camerun rinominate dai guerriglieri secessionisti Ambazonia ha avuto il suo momento di maggiore ferocia venerdì 14 febbraio quando i soldati dell’esercito hanno assaltato il villaggio di Ntumbo (Ngarbuh) nella divisione Donga Mantung uccidendo e bruciando almeno 27 persone tra cui 14 bambini.

Secondo quanto riferito, i soldati provenivano da Ndu e Tatum accompagnati da decine di membri di gruppi di difesa sponsorizzati dal governo e pastori Fulani che hanno permesso all’esercito di arrivare nel villaggio situato in una zona remota e difficilmente raggiungibile e a un certo punto hanno deciso di attaccare. Risulta che i militari fossero informati sulla presenza di guerriglieri appartenenti ai movimenti secessionisti che vivevano con le loro famiglie nel villaggio.

I militari governativi sarebbero quindi stati accompagnati e nella notte precedente si sarebbero accampati in villaggio vicino chiamato Chii; da lì i pastori li avrebbero scortati fino a Fiiru e poi intorno alle 3 di notte sarebbero entrati a Ntumbo.

Per il Movimento per la rinascita del Camerun (Mrc): «Il regime dittatoriale, il capo supremo delle forze di sicurezza e di difesa sono i principali responsabili di questi crimini». Tuttavia, l’esercito nega ogni accusa e in un comunicato sostiene che ci sarebbe stato uno scontro armato con i ribelli in cui «7 combattenti sono stati uccisi e in seguito al quale sono esplose taniche di carburanti colpendo le case vicine».

Il massacro è avvenuto pochi giorni dopo le elezioni parlamentari e municipali del 9 febbraio, avvenute in condizioni politiche delicate nelle regioni di nord-ovest e sud-ovest, dove l’opposizione aveva deciso di non partecipare al voto perché secondo Maurice Kamto del MRC «la situazione di insicurezza rende impossibile un’elezione credibile».

A oltre tre anni dallo scoppio della «crisi anglofona» che ha causato oltre 3.000 vittime e 679.000 sfollati, a cinque mesi dall’inizio del grande dialogo nazionale voluto dal presidente Paul Biya non è arrivata la pacificazione sperata. Nelle regioni anglofone del Camerun le armi hanno ancora il sopravvento.

L’instabilità spinge le persone a fuggire verso altre aree del Paese e verso la vicina Nigeria. Secondo Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, 8000 persone solo negli ultimi 15 giorni hanno attraversato il confine. Le foto delle persone uccise sono senza nome, così come non hanno identità gli autori del massacro: soldati governativi, ribelli secessionisti, non si sa nemmeno chi sta vincendo in questo conflitto ma è chiaro chi sta perdendo: il Camerun.