L’ultimo appuntamento dei 28, l’ennesimo rinvio nella giornata, è il “british dinner” di ieri sera, con la minaccia che alla fine sia l’ouzo a restare sullo stomaco. Il Consiglio dedicato al Brexit, che dopo la prima giornata andata in bianco avrebbe dovuto concludersi ieri mattina con un british breakfast (a cui hanno fatto seguito varie promesse di brunch, lunch, hight tea) rischia di incastrarsi sulla domanda di Alexis Tsipras: il primo ministro greco ha minacciato di mettere il veto a un eventuale accordo tra la Ue e la Gran Bretagna se i 28 non prenderanno l’impegno di non chiudere le frontiere di qui al 6 marzo, data del summit Ue-Turchia, per discutere del freno ai flussi di rifugiati in cambio di finanziamenti (la Turchia, che avrebbe dovuto partecipare a un incontro pre-vertice a Bruxelles giovedi’ ha annullato, dopo l’attentato di Ankara). “Mi chiedete di impegnarmi per facilitare un referendum che avrà luogo a giugno – ha detto Tsipras – ma io preferirei che ci si occupasse di un problema che ha luogo adesso”: la questione della chiusura delle frontiere e della minaccia di un effetto-domino che rischia di isolare la Grecia e di trasformare il paese in un campo profughi. Per Tsipras, “le politiche di solidarietà nella Ue stanno svanendo, mentre i cittadini greci e molti altri soffrono”.

La questione sollevata dalla Grecia ha messo i 28 di fronte a un dato di fatto, “l’Europa puo’ dissolversi di fronte alla crisi dei rifugiati” ha detto François Hollande, in un intervento alla radio France Inter. Ma David Cameron vuole tornare a casa con una “vittoria”, per poter fare campagna contro il Brexit (mentre gli ultimi sondaggi danno sempre la vittoria all’out). Dopo l’annullamento del british breakfast, ieri mattina, si sono susseguiti i bilaterali. Tsipras, con Hollande e Merkel, due volte Cameron con la polacca Beata Szydlo, Donald Tusk (presidente del Consiglio europeo) con il primo ministro ceco, Bohuslav Sobotka, che ha poi incontrato Angela Merkel ecc. Un balletto infinito, dove ognuno è rimasto sulle proprie posizioni. David Cameron ha scherzato: “sono felice di stare fino a domenica, ho avvertito moglie e figli”. Le delegazioni sono state pregate di riservare le stanze d’hotel per la notte tra venerdi’ e sabato.

Tutti i nodi vengono al pettine in questo momento di crisi. La principale preoccupazione è che le concessioni a Londra non aprano la strada a una valanga di richieste di eccezione da parte di altri. Cameron dà “battaglia” per portare a casa la “vittoria” sui partner che gli permetterà di proporre il Bremain. Per questo non ha ceduto nulla. Addirittura, nella serata di giovedi’ ha rilanciato, sulla questione – centrale – del welfare per i residenti comunitari: ha chiesto un’esclusione dai diritti sociali per 13 anni. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha proposto 7 anni, che è comunque un periodo più lungo di quello che era in discussione (4 anni, i paesi del gruppo di Visegrad erano arrivati ad accettare 5 anni, mentre 7 anni riporta alle decisioni prese dai principali paesi Ue in seguito all’allargamento, mentre proprio la Gran Bretagna aveva scelto di non applicare il periodo transitorio ai nuovi entranti). Per Sobotka, si tratta di “discriminazione”. Inoltre, ad aggravare la trattativa c’è anche la questione del versamento degli assegni famigliari per i figli dei lavoratori comunitari, quando la famiglia è rimasta nel paese d’origine. Cameron sembrava aver ceduto un po’, accettando che dopo il periodo bianco la procedura venga avviata, ma tenendo conto del livello di vita nei paesi d’origine. Questa idea piace anche ad altri paesi, che potrebbero cosi’ ridurre i contributi. Blocco anche sulla retroattività della sospensione del welfare: Cameron la propone, i paesi dell’est la rifiutano (ci sono 6-700mila polacchi in Gran Bretagna). Un altro punto di blocco, citato esplicitamente da Merkel, è la richiesta britannica di bypassare l’impegno verso un’Unione sempre più stretta nella Ue, il Belgio che sogna ancora un’Europa federale, è in prima linea per dire no. In molti rifiutano la domanda di prevedere di inscrivere nei Trattati le concessioni fatte alla Gran Bretagna, che al massimo saranno un trattato internazionale.

Francia, Lussemburgo e Belgio sono decisi a respingere la richiesta di Cameron di avere il diritto di interferire – e di bloccare – decisioni prese dalla zona euro. “Non possiamo concedere un blocco dell’Unione bancaria o dell’integrazione dell’Eurozona” ha detto per esempio il primo ministro austriaco, Werner Faymann. Hollande rifiuta ogni diritto di veto di Londra sulle decisioni della zona euro, e insiste su “eguali regole e eguali organi di controllo”. Il presidente francese ha annunciato una prossima “iniziativa per la zona euro”, con Matteo Renzi e Angela Merkel.