Venerdì mattina, la camera dei deputati è quasi vuota, c’è solo una breve seduta per alcune interpellanze urgenti. Le notizie arrivano da facevo. Prima la capogruppo di Forza Italia Maria Stella Gelmini, poi il capogruppo del Movimento 5 Stelle Davide Crippa annunciano di essere positivi al Coronavirus. E fanno tre, perché giovedì era stato il capogruppo di Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida a fare la stessa comunicazione. Non sono certo i primi deputati positivi, dieci giorni fa erano assenti in più di quaranta per cause legate al Covid tanto che era mancato il numero legale. Ma i capigruppo sono deputati speciali, incontrano molti colleghi, parlano con tutti e spesso lo fanno da vicino, magari riescono a tenere la mascherina ma le distanze di sicurezza saltano. La preoccupazione per la diffusione del contagio all’interno del palazzo accompagnerà il fine settimana. Lunedì pomeriggio c’è seduta ma senza votazioni importanti, la camera resterà quasi vuota.

L’ultima riunione della conferenza dei capigruppo è stata giovedì mattina. Non era prevista, l’hanno convocata per consentire alla maggioranza di fermare il voto sulla riforma costituzionale per il voto ai 18enni al senato, visto che Italia viva aveva deciso di non votarla. Attorno a un tavolo a ferro di cavallo, i tre capigruppo risultati positivi dovevano sedere dallo stesso lato. C’era solo Gelmini. Al centro come sempre il presidente della camera Fico, accanto a lui il ministro D’Incà. Dall’altro lato – «ma ci distanziano almeno tre metri», precisa il capogruppo di Leu Federico Fornaro i rappresentanti di Pd, Leu, Iv e gruppo misto. Tanto distanti da non dover nemmeno fare obbligatoriamente il tampone, racconta ancora Fornaro: «Per noi, come per tutti i cittadini, si fa il tracciamento cercando di risalire ai contatti ravvicinati con i positivi».

Eppure anche lì, nell’ampia sala della Regina dove dalla primavera scorsa si prendono le decisioni più importanti sui lavori di Montecitorio, è entrato il virus. Inevitabile che si diffonda ancora, e infatti già un’altra deputata 5 Stelle ha comunicato di essere positiva. Il rischio di dover bloccare i lavori del parlamento, o di falsarli nel loro esito perché il virus non colpisce maggioranza e opposizione in modo proporzionale, esiste. La pressione perché il parlamento italiano si doti di un regolamento di emergenza torna a crescere.

La questione si era già posta in primavera, ma l’unica soluzione che garantisce un rimedio sicuro, cioè quella di consentire il voto a distanza, era stata archiviata di fronte alla netta contrarietà di tutte le opposizioni e a molte perplessità anche nella maggioranza. Ora la maggioranza (tranne Italia viva) appare prende in considerazione l’ipotesi. Con molte cautele: voto da remoto sì ma solo in casi straordinari ed emergenziali, solo per un periodo di tempo limitato, solo per i deputati effettivamente costretti in casa dalle quarantene. Come si fa già nel parlamento europeo e nei parlamenti britannico, polacco, belga, spagnolo (in Francia, Grecia e Romania è prevista invece una forma di voto per delega per ridurre le presenze nelle aule). La novità è che la giunta per il regolamento, giovedì, ha deciso di avviare un approfondimento sul tema – anche per rispondere alle 114 firme di deputati raccolte dal Pd Ceccanti che chiedono una modifica del regolamento. Il presidente Fico vuole mettere a fuoco, a partire dalla prossima settimana, anche con audizioni e in sedute informali, tutti i problemi tecnici e giuridici. Difficile che si possa far presto. Ma la sessione di bilancio con tutte le sue delicatissime votazioni è alle porte.

Nel frattempo a Montecitorio, dove lavorano oltre mille persone non solo 630 deputati (almeno la metà obbligatoriamente presenti, a meno di non fare coma le Germania che ha abbassato il numero legale), la preoccupazione cresce. «Ormai è una roulette russa», twitta Enrico Borghi, il segretario d’aula del Pd, il partito più spinto sul voto a distanza. E Giorgio Trizzino, medico e deputato 5 Stelle, chiede a Fico di non considerare un precedente rischioso il voto da remoto perché «il rischio è bloccare completamente l’attività delle camere». Purtroppo per i sostenitori di questa soluzione, in serata decide di dire la sua anche Davide Casaleggio, autore della nota previsione per cui il parlamento in futuro non sarà più necessario. E annuncia che l’emergenza in cui siamo «è un’ottima opportunità perché le camere utilizzino lo strumento del voto a distanza».