Non posso fare a meno di apprezzare lo sforzo di volontà della ministra Lorenzin di difendere il Patto per la salute. Ma come sa la ministra la “volontà”, soprattutto dopo Cartesio, vale come ricerca della verità attraverso il dubbio. Quali i dubbi importanti?

A più riprese questo Patto è stato definito come una riforma del sistema sanitario. Niente di male, sostengo da anni la necessità di una riforma. Ma come si fa a riformare tagliando fuori i principali protagonisti del cambiamento, coloro che lo dovranno mettere in pratica, primi fra tutti i cittadini e gli operatori? Concepire il governo della sanità senza soggetti significa che nessun cambiamento è credibile. Quindi il “dubbio” riguarda l’effettiva volontà riformatrice in relazione a tutti i buoni propositi ricordati dal ministro e da me non negati.

La mala gestio è una questione complessa che riguarda prima di tutto i rapporti promiscui tra politica e sanità, e che fin dal tempo dei “comitati di gestione” ha posto il problema dell’uso speculativo della sanità da parte della politica. Sono almeno 30 anni che da destra e da sinistra si sente dire «fuori la politica dalla sanità». Ora non si può pensare che questi problemi si risolvano, semplicemente “spoliticizzando” le nomine della dirigenza sanitaria. La mala gestio si risolve con la “volontà” di ripensare la forma di governo della sanità e, bene ha fatto la ministra Lorenzin, a ricollegarsi alla riforma del Titolo V. Ma anche in questo caso, la “volontà” riformatrice è giocata solo ed esclusivamente tra governo e Regioni, e ancora una volta non si vogliono i soggetti tra i piedi e sia i cittadini che i lavoratori sbagliano a non rivendicare il diritto di partecipare alla definizione di un nuovo governo della sanità. La forma di governo decide le pratiche effettive del lavoro professionale, delle organizzazioni sanitarie e dell’esigibilità dei diritti. E poi la questione del Titolo V non è riducibile alle competenze istituzionali da spartire tra governo e regioni. Giustamente la Ministra richiama «lo spirito federalista» ma dal momento che ancora una volta si esclude dall’idea di governo il ruolo di controllo della società civile in tutte le sue espressioni, che fine fa questo spirito tanto invocato?

«Chi si scotta con l’acqua calda ha paura dell’acqua fredda», dice l’adagio, ebbene tutti i patti sottoscritti sino ad ora sono praticamente falliti nel senso che a maggiore risorse concesse alle regioni dal governo di turno non sono corrisposti adeguati cambiamenti compensativi per cui il sistema sta viaggiando da anni verso una permanente insostenibilità relativa. C’è bisogno di risorse soprattutto per ricapitalizzare il lavoro (che nel Patto resta pericolosamente marginale) ma dare risorse a chi non sa spenderle è un problema, dare altri soldi sapendo che nel sistema ve ne sono tanti da liberare significa non liberarci mai dalla mala gestio.

Secondo molti osservatori ai quali mi associo, mancano nel Patto serie garanzie sulla trasformazione dei buoni propositi in atti perentori a meno di poter cambiare istituzioni ampiamente compromesse quali sono le Regioni con task force, cabine di regia, tavoli tecnici ecc. Nel patto mancano serie garanzie sul reinvestimento dei fantomatici risparmi, ammesso di riuscire a realizzarli. Eppure sappiamo tutti che se questi risparmi non saranno accuratamente previncolati andranno nel calderone fetido della mala gestio. Mancano ancora serie garanzie sulle inadempienze delle Regioni che in primo luogo, come ho già scritto su questo giornale, vanno sanzionate con il commissariamento per lesioni ai diritti non solo per ragioni contabili. Cosa si aspetta a sanzionare quelle Regioni che hanno cancellato la legge 194? E’ sicuramente importante, come ci ricorda la ministra Lorenzin,aver deciso nel patto che il ruolo del commissario ad acta (ma solo per problemi finanziari in regime di piani di rientro)sia incompatibile con il Presidente della Regione, ma personalmente penso che non sia la cosa decisiva per garantirci un cambiamento di rotta.

Tutti sanno che la partita dei tagli lineari è solo rimandata.Se il Patto non darà i risultati promessi, se le Regioni non diventeranno veramente Regioni, i tagli lineari saranno semplicemente differiti. Mi auguro sinceramente di avere torto e che tuttavia il dubbio di Cartesio non sia ignorato. Nell’interesse di tutti.