«Sono stato il primo a rendersi conto che il sistema organizzativo interno del M5S non poteva reggere alla prova di governo». Giorgio Trizzino, deputato palermitano, è soddisfatto dell’esito della consultazione su Rousseau sull’eliminazione del vincolo del doppio mandato e alleanze coi partiti. Da tempi non sospetti, questo medico palermitano di estrazione moderata finito nelle liste grilline alle ultime elezioni politiche predica la riforma organizzativa del Movimento.

Lei fa risalire l’esigenza di cambiare le strutture decisionali al fallimento dell’esperienza di governo con la Lega. Come mai?
Un conto è affrontare dall’opposizione i grandi temi, altro è fare politica e dover gestire il confronto su questioni importanti dal punto di vista della maggioranza. Non solo i rapporti sono diversi, è differente il metodo. L’esperienza con Salvini era frutto di una speranza infranta. Qualcuno nel M5S pensava che le due forze che più nettamente si ponevano all’opposizione potessero governare insieme. Questo non è accaduto. La forza più reazionaria, la Lega, non ha retto questo impatto. Ma il M5S è rimasto in mezzo al guado.

In che modo il voto degli iscritti a Rousseau ha a che fare con questo percorso?
Lo stesso Luigi Di Maio ha riconosciuto che le cose si modificano. Il voto di ieri certifica la consapevolezza del fatto che chi governa e riesce a farlo bene deve potere andare avanti. Questo principio vale ancora di più per i consiglieri comunali, che operano in prima linea. Non c’era motivo che dovessero all’improvviso andarsene a casa. Lo dico io che sono al di sopra di ogni sospetto: mi trovo alla prima legislatura e probabilmente qui mi fermerò.

Ci sta dicendo che il vincolo dei due mandati salterà anche per i parlamentari?
Lo dico con molta schiettezza: non c’è nessun tabù, non lo vedo come un fatto impossibile. Il doppio mandato non è adeguato ai tempi.

Questo voto rafforza o indebolisce Conte?
Ho letto che secondo alcuni lo indebolirebbe, ma non riesco a capirne le motivazioni. Un voto di questo tipo ci indirizza verso un’alleanza fisiologica. Dell’alleanza con la Lega dicevo prima. Invece, in quest’anno di governo col Pd, pur tra diffidenze e conflitti pregressi, le cose sono andate meglio.

Abbiamo di fronte un salto di qualità nei rapporti col Pd?
Quale potrebbe essere la ragione per cui non guardare a questo alleato di governo in modo diverso? Nessun partito avrà mai la forza di andare da solo al governo. Forse dobbiamo immaginare un superamento degli schemi politici attuali, pensare a un’alleanza molto più ampia contro una destra retrograda.

Non trova però che la forzatura di Raggi aumenti anche le tensioni nella maggioranza di governo? Ieri Nicola Zingaretti diceva che non sosterrà mai la sindaca uscente.
Non penso che sia giusto porre veti sulle persone. In questo caso sbaglia il Pd. Si potrebbe immaginare un programma diverso insieme a una persona che non ha amministrato male. Se Raggi si unisse a una forza di sinistra potrebbe fare meglio. E il fatto che Raggi abbia dato in anticipo la sua disponibilità può facilitare il percorso.

Secondo alcuni suoi colleghi, anche di primo piano, i temi fondamentali oggetto di questa consultazione dovevano essere affrontati agli Stati generali e non sulla piattaforma di Casaleggio. Che ne pensa?
Il risultato elimina ogni polemica. Ma riconosco che abbiamo l’esigenza di dare vita a un momento assembleare, che proponga un nuovo M5S. Dobbiamo darci un’organizzazione che non sia quella del capo unico politico. Penso a un partito aperto, che guardi alla vecchia repubblica dei partiti con le segreterie e il segretario e che tenga insieme le diverse posizioni che coesistono all’interno. Bisogna fare presto.