Per Vivienne Westwood, la moda «è la più forte forma di comunicazione che c’è». La stilista-attivista inglese da sempre utilizza le sue creazioni fashion per veicolare messaggi politici e sociali che ritiene importanti: dalle prime t-shirt con slogan create con Malcolm McLaren, alle più recenti collezioni con nomi esplicativi quali Active Resistance, Chaos, e +5°.

Quando ha confermato la disponibilità a rispondere alle nostre domande, ha messo subito in chiaro che non voleva parlare tanto di moda, quanto patrocinare le sue cause ecologiche. Il suo ultimo nemico da combattere è il cambiamento climatico. Nel 2007 ha lanciato il manifesto Active Resistance to Propaganda, per incentivare le persone a ricercare l’arte e la cultura come antidoto contro la propaganda e l’inerzia culturale e politica causata dal consumismo sfrenato. Climate Revolution è il nome della «rivolta ideata da Vivienne Westwood».

I consigli di Dame Vivienne per un’esistenza più sostenibile sono semplici: comprare meno, scegliere meglio, e far durare di più le cose; fai-da-te; fare meno lavatrici (secondo lei gli abiti un po’ sporchi sono più belli); smettere di mangiare carne (lei mangia solo frutta e verdura, possibilmente cruda); infine, frequentare le gallerie d’arte.

Quando hai iniziato a preoccuparti per l’ambiente?

Il cambiamento climatico mi preoccupa da sempre. Da sempre uso la mia visibilità per veicolare il mio messaggio a favore delle consapevolezza e dell’azione. Ultimamente ho attivi diversi progetti, tra cui il supporto a Greenpeace per la campagna per salvare l’Artico, e il sostegno a Cool Earth per la salvaguardia della Foresta Pluviale.

Parlaci del tuo blog, Active Resistance (www.activeresistanc e.co.uk).

L’ho aperto nel 2010, e lo aggiorno costantemente. È uno strumento che uso per svegliare le coscienze riguardo a varie tematiche, tra cui il surriscaldamento globale, l’economia, e la politica, come il caso di Bradley Manning, per cui mi sto battendo ultimamente. Pare che il guardaroba di una donna oggi sia quattro volte quello di una donna degli anni Ottanta. Tu hai dichiarato: «Penso sia ecologico che gli abiti siano costosi». (Scegliete) la qualità piuttosto che la quantità. Continui a sostenere il «do-it-yourself», un principio fondamentale del punk. Credi che il punk sia ancora rilevante oggi?

Il punk abbracciava l’idea del DIY, nella musica registrata in ambito domestico, autoprodotta, con distribuzione autogestita. L’abbigliamento ha abbracciato la stessa estetica, con l’uso delle spille da balia, degli abiti sgualciti e strappati, delle stampe con slogan provocatori e anti-politici. In questi tempi difficili quindi: «Dress up! And do it yourself» (Agghindatevi! E fatelo da voi). Da molti anni non sono più interessata al punk. A Londra non ci sono più punk veri, tranne quelli che lavorano nei negozi di gingilli cinesi, che sono costretti a vestirsi con gli abiti pseudo-punk che devono vendere.

In quali modi sono ecologiche le tue creazioni? (Alcuni eco-attivisti criticano la Westwood sostenendo che, nonostante i suoi appelli per salvare l’ambiente, non faccia molto per rendere i suoi abiti o il suo business ecologici).

Sto sempre attenta all’uso dei materiali che impiego nelle mie collezioni. Ad esempio, alcuni anni fa, lavorando con Amazonlife, azienda riconosciuta per produrre borse composte solo ed esclusivamente da materiali organici o riciclati, ho reinterpretato il modello di una delle mie borse più celebri, la Yasmine, disegnando un prodotto fatto di canvas organico e rifiniture in gomma naturale con stampa +5°, in riferimento alla teoria di James Lovelock sul surriscaldamento globale. La creazione ottimizza e promuove l’utilizzo di materiali eco-sostenibili, e garantisce inoltre un profitto agli indiani del Sud America, produttori di gomma naturale.

Ci parli del tuo progetto per Yoox Ethical Fashion Africa Project? Credi sia possibile «salvare il mondo attraverso la moda»?

Nel 2010 è partita la mia collaborazione con l’International Trade Centre, un’organizzazione congiunta tra le Nazioni Unite e il Wto. Inizialmente abbiamo presentato tre borse in edizione limitata. Tutte le borse sono cucite a mano a Nairobi da comunità di donne emarginate, ragazze madri, vedove, vittime dell’Aids, e tutte coloro che vivono in condizioni di estrema povertà, usando cartelloni pubblicitari riciclati e tende da safari dismesse. Lo scopo dell’iniziativa è supportare le comunità svantaggiate, per fare in modo che possano cambiare vita. La nostra iniziativa non solo permette a migliaia di donne di guadagnare uno stipendio per mantenere le proprie famiglie, ma anche di imparare nuove abilità. Un giorno tutte loro sperano di avere la propria azienda, creare economia e innalzare lo standard di vita del Kenya. Questa non è carità, questo è lavoro.

Lo slogan di Seditionaries era: Clothes for Heroes. Hai affermato che per te «un eroe è qualcuno che è preparato a correre rischi, uscire e camminare a testa alta». Chi è il tuo eroe oggi?

Il mio eroe attualmente è Julian Assange. Ho creato una t-shirt per Julian: potete mostrare il vostro supporto alla sua associazione acquistando la mia t-shirt I am Julian Assange. Le donazioni a Wikileaks sono state bloccate, ma il 100 percento del profitto della vendita di queste t-shirt servirà come raccolta fondi per il loro lavoro.

Com’è la tua casa?

Abito in una palazzina settecentesca, classicamente inglese, coi mattoni rossi e delle grandi finestre che si affacciano sul giardino posteriore. È lì che scrivo, disegno, rifletto. Tutte le piante, gli arbusti, i fiori presenti nel mio giardino sono coltivati in modo organico. Avere un giardino contribuisce alla riverdificazione dell’ambiente e garantisce un costante ricambio di ossigeno. Credo che l’ideale sia che ognuno si coltivi un piccolo orto biologico. Ciò garantisce di avere sempre frutta e verdura di stagione, senza pesticidi, coloranti o conservanti, ed evita le colture intensive e l’inquinamento derivante dal trasporto della merce.

Sei molto amata in Italia.

Tutte le mie collezioni sono prodotte in Italia. Con l’Italia ho un rapporto speciale, vista l’enorme quantità d’arte che la permea, di cultura, di grandi scrittori e compositori. Proprio quest’anno festeggeremo l’anniversario dei dieci anni della nostra apertura milanese.